venerdì 20 gennaio 2012

LE INGANNEVOLI SUPPOSIZIONI DEL CAPITALISMO



DI DOUG HARVEY
Common Dreams

Uno degli aspetti più ingannevoli del capitalismo è l'idea che se si segue con slancio l'acquisizione di ricchezze private, questo in qualche modo sarà automaticamente un "bene" per tutta la società.
Scrittrice e sostenitrice del laissez-faire, Ayn Rand scrisse che se una persona non sostiene l’idea che l’avidità sia un bene e che l’"egoismo illuminato" (come prefigurato da Adam Smith) sia la più alta virtù, allora automaticamente sostiene un regime centralizzato oppressivo che non ammette né la libertà personale, né una qualsiasi ricchezza privata. Si stringe i denti, vivendo nell’oscurità e nella disperazione, in una parola, all’inferno. Questo modo di pensare manicheo è in linea con la tradizione giudaico-cristiana-islamica che risale alla frattura avvenuta nella valle dell’Indo tra la tradizione Vedica e il sistema di credenze zoroastriano dell’antica Persia. L’idea che il mondo sia caratterizzato da un’eterna "guerra" fra le forze della luce e le forze delle tenebre è alla base di gran parte del cosiddetto pensiero occidentale.

Nelle Tre Metamorfosi, Friedrich Nietzsche scrisse che gli umani, sin da bambini, hanno un pesante fardello sulle spalle. Usando la metafora del cammello, descrisse noi che ci addentriamo nella natura selvaggia con questo fardello, per venire attaccati da un grande drago. Il drago era coperto di squame, su ogni squama c’erano le parole "Tu Devi". L’umano si trasforma poi in un leone per combattere con il drago e se il leone sarà vittorioso nella lotta - uccidendo il drago "Tu Devi" - la metafora allora lo riporta a essere un bambino. L’essere umano diventa poi quello per cui è nato, "una ruota che gira fuori dal proprio asse". Per molti di noi cresciuti nel "mondo sviluppato" una delle squame del drago è quella con le parole "Tu devi credere nella guerra tra luce e tenebre". E la società o convinta che una parte di questa guerra è tra la nozione capitalista dell’"egoismo illuminato" e quella demoniaca "socialista" della proprietà pubblica e dell’altruismo oppressivo che punisce la produttività e premia chi non produce. Questo si è fuso con la struttura religiosa giudaico-cristiana del "bene contro il male" al punto in cui in certi ambienti non c'è distinzione tra la versione laica del mito e quella religiosa. Per terminare la metamorfosi nietzschiana in questo contesto, alla fine molte persone non uccidono il drago. Il risultato è una dialettica sociale in gran parte illusoria e controllato da pensieri mitici, dagli slogan e da teorie indiscusse.
Anche se non si tratta di niente di nuovo, le conseguenze stanno diventando troppo gravi, proprio quando gli esseri umani hanno la capacità senza precedenti di imporre poteri catastrofici. Quello che serve è un forte legame con la realtà, ovvero disfarsi delle ideologie e delle religioni e analizzare i fatti. Il processo iniziato con l’Illuminismo è stato, in linea di massima, uno sviluppo positivo almeno per l’Europa. Ma questo processo è stato interrotto non tanto dalla religione - l’antitesi dell’Illuminismo -, quanto da una ideologia laica secondo cui il procacciarsi ricchezza è un bene sociale.
Se si osa dissentire da questa religione laica ci si ritrova spediti all’Inferno dai Sostenitori della Fede. Se i sostenitori di questo sistema, quando vedono un’opposizione dissidente per loro tanto minacciosa, la condannano di sana pianta, vale chiedersi "Quindi, qual è la minaccia?" Questo è ciò che rende lo studio degli scritti di Karl Marx, di Friedrich Engels e di altri dissidenti della fede laica così affascinante. Prima che il "Marxismo" fosse usato come strumento di repressione dai capitalisti di stato (Unione Sovietica, Cina - regimi che usarono la retorica marxista per reprimere la loro stessa gente), è stato e può essere ancora una critica utile alla fede del capitalismo e la sua analisi può essere molto significativa. Alcuni hanno aiutato a riportare d’attualità questa voce del dissenso del XIX secolo sulla base di un’analisi scientifica critica dell’evoluzione del sistema capitalista (Paul Sweezy, Howard Parsons, David Harvey, John Bellamy Foster ed altri).
La critica più importate è la questione sull’assunto dell’"egoismo illuminato come bene comune". Questa ipotesi è basata sulla falsa premessa che gli esseri umani siano separati dal loro ambiente, che in qualche modo siamo al "di sopra" delle normali conseguenze delle azioni nel continuum vita-morte del nostro pianeta. Una breve ricerca sulle conseguenze di questa falsa premessa dovrebbe far riflettere qualsiasi persona con intelletto. La ricerca di risorse e mercati per alimentare un sistema che DEVE CRESCERE per sopravvivere ha reso questo pianeta e i suoi abitanti dei prodotti. Nella mitologia capitalista tutto ha un valore in denaro, anche, e forse soprattutto, le persone. Il fatto che gli esseri umani dipendano da un ambiente sano non è una considerazione importante, e il fatto che i capitalisti che hanno raggiunto l’indipendenza finanziaria se lo possano COMPRARE come una proprietà privata è dato per scontato. Tutti gli altri si devono quindi mettere sul terreno della competizione e comprarsi il loro "ambiente sano", oppure essere consegnati a un’esistenza che Thomas Hobbes chiamò "brutta, sporca e breve", una profezia che si autoavvera, se mai ne è esistita una.
Critici e dissidenti come quelli sopra citati danno un taglio a questa narrativa mitica e sottolineano il fatto che la salute ambientale, la sostenibilità e la diversità sono essenziali per la salute umana e non. L’"autorealizzazione" e la protezione di un "bene comune" sono le priorità per questi dissidenti, in un modo ben diverso da come l’"egoismo illuminato" di Smith è diventato un mito della società. Il significato originale della parola greca "economia" ha molto più a che fare con una casa ben curata - che si tratti di una singola abitazione, di un quartiere, di una città o di un’intera regione - che di una proprietà privata. In definitiva la nostra "casa" è il nostro pianeta, NON possiamo non considerare questo fatto. Da qualche tempo abbiamo le foto della nostra Terra scattate dallo spazio. L’evidenza è chiara: siamo una piccolissima casa in mezzo a un enorme mare di tempo e spazio. DOBBIAMO cooperare o moriremo. Allo stato attuale, il nostro capofamiglia - il Capitalismo (alcuni preferirebbero il termine "fascismo") - è un alcolizzato che devasta tutti quelli che hanno qualcosa che lui desidera. L’epitome del "self-will run riot" (ndt: termine per indicare gli alcolizzati ancora convinti di poter smettere facilmente) ha distrutto interi paesi nella ricerca di un'altra bevuta (che siano risorse o mercati) e non si fermerà davanti a nulla, neanche davanti alla propria autodistruzione, continuando la sua cieca e incredibile violenza su tutto il pianeta.
Una volta che "Tu Devi" - il drago che ci disse che questo comportamento era corretto - viene ucciso, la nostra attenzione può passare a una analisi propriamente più sobria della nostra situazione, lasciando che i pensieri a lungo termine e le soluzioni diventino parte della nostra esistenza giornaliera. La ricerca dell’autorealizzazione per ogni individuo in un ambiente sano - in opposizione alla rigida acquisizione materiale - può diventare il fine ultimo della nostra economia sul pianeta. La gente felice e soddisfatta non saccheggia, non violenta e non uccide gli altri per le risorse o i mercati. La Terra è un posto di abbondanza, non di scarsità. Le persone POSSONO collaborare e vivere in pace. Ma dobbiamo condividere un impegno nel "reale" - la vita reale influenza la nostra interazione con le risorse di casa -, per le cose che tutti vogliamo come l’aria e l’acqua pulita, una dieta sana, esprimere le nostre potenzialità creative, amare ed essere amati, essere parte di qualcosa di più grande di noi stessi (viene in mente il Pianeta Terra). Diventare quello per cui siamo nati, una "ruota che gira fuori dal proprio asse", come gli occhi e le orecchie del Pianeta Terra, è il nostro giusto obiettivo. Se la ricerca di ricchezza individuale impoverisce gli altri e il pianeta nel suo complesso - come indicano i fatti – e consegna gli spettatori innocenti a una vita "brutta, sporca e breve", allora rappresenta solo un potere ingiustificato e fuori luogo. È distruttivo. È come vivere con un ubriaco che sta affogando nella propria illusione. È il tempo di intervenire.
**********************************************
Fonte: http://www.commondreams.org/view/2012/01/01-1
01.01.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di REIO

domenica 15 gennaio 2012

NAUFRAGIO COSTA CONCORDIA: STRANIERI E AL NERO, SULLE NAVI DA CROCIERA ?

DI DEBORA BILLI
crisis.blogosfere.it


Ci si chiede come mai non si sia ancora riusciti a venire a capo del mistero dei dispersi sulla Costa Concordia appena affondata al Giglio. Possibile che una grande compagnia come la Costa non abbia liste chiare e pronte su passeggeri ed equipaggio? Possibile che la Capitaneria non riuscisse ad averle, che 24 ore dopo il disastro ancora non si sappia come stanno le cose?
Una risposta, francamente agghiacciante per le sue implicazioni, l'ha data un sopravvissuto a La7. Ha detto più o meno questo: "I marinai erano tutti stranieri. Non sapevano parlare né l'italiano né l'inglese, e soprattutto non avevano idea di come funzionassero le scialuppe. Gliel'ho dovuto spiegare io insieme ad altri. Erano più terrorizzati di noi".

Se ne parla anche qui.



Questa testimonianza apre una prospettiva inquietante su come vengano gestite le crociere. In mano a chi sono i passeggeri? A gente competente e preparata, o a lavoratori precari presi a casaccio, senza alcuna preparazione marinara e di sicurezza? A gente che magari viene pagata chissacome, e che non risulta neppure sulle liste?
Le crociere costano straordinariamente poco, rispetto al lusso che offrono. Un albergo di quel livello costerebbe 1000 euro a notte, quanto in una crociera si paga per una settimana. Considerato che una crociera consuma anche gasolio, mentre l'albergo almeno sta fermo, dov'è che si fa il risparmio? Come si fa ad offrire prezzi quasi popolari?
Per finire, le prime immagini del disastro avevano il marchietto "Vigili del Fuoco". I sopravvissuti hanno detto che i soccorsi sono stati tempestivi ed eccellenti, a differenza dell'assistenza a bordo.
Lavoratori statali 1 - privati 0. Ancora convinti che il privato è tanto bravo perché ci fa risparmiare?
(Precisazione: sono pronta a pubblicare smentite provate sulla regolarità delle assunzioni e sull'addestramento dei lavoratori della Costa.)
Update: la marina turca ha pubblicato le carte dettagliate della rotta della Concordia. L'articolo rileva come l'enorme nave sia andata a ficcarsi tra due scogli dove azzardano a malapena i gommoni. Trovate tutto qui, davvero sbalorditivo ed inspiegabile.

Debora Billi
Fonte: http://crisis.blogosfere.it/
Link: http://crisis.blogosfere.it/2012/01/costa-concordia-stranieri-e-al-nero-sulle-navi-da-crociera.html
14.01.2012

da: www.comedonchisciotte.org

giovedì 12 gennaio 2012

Processo Rostagno: il teste “pentito“ non c’è, è morto nel 2008.

di Rino Giacalone


Fu nei primi anni 90 tra i primi pentiti della mafia trapanese dopo decenni passati tra omertà e silenzi. Doveva deporre da testimone nel processo per il delitto di Mauro Rostagno, ma al momento di chiamarlo sul pretorio, udienza di oggi, 11 gennaio 2012, si è scoperto che lui è morto in solitudine e abbandonato da tutti addirittura nel 2008,nella sua città, Campobello di Mazara, provincia di Trapani, nel territorio della Valle del Belìce. Rosario Spatola è morto a 59 anni, ne dimostrava molti di più, anche per via delle vicissitudini e dei malaffari commessi. Si occupava di traffici di droga, lui stesso fece uso di cocaina. Quando si pentì davanti all’allora procuratore di Marsala, Paolo Borsellino, delineò, fornendo riscontri, le rotte dei traffici di droga, la rete dello spaccio in provinciale, i luoghi dove la droga veniva raffinata sotto l’occhio vigile delle famiglie mafiose. I processi con queste sue rivelazioni non ebbero difficoltà a concludersi con verdetti di condanna per gli imputati alla sbarra. Lui era compare di uno dei più grossi narcotraficcanti del Belice, un avvocato, Totò Messina. Lui dice che frequentava i capi mafia, e che era un uomo d’onore. Alzò il tiro, dopo la morte di Borsellino, cominciò a parlare di politici, fu teste d’accusa nel processo contro l’ex numero due del Sisde Bruno Contrada, indicò l’ex deputato regionale della Dc, l’andreottiano Pino Giammarinaro, suo conterraneo, di Salemi, di essere stato uno dei politici a disposizione di Cosa nostra. Nel frattempo il pentimento di uomini di onore di ben altro rango lo fece mettere in ombra. I grossi pentiti che erano stati grossi mafiosi dissero che però niente sapevano di Rosario Spatola come uomo d’onore, e così se controverso c’era anche per il modo con il quale spesso si esprimeva, e si presentava agli interlocutori, nelle aule di giustizia, lo divenne controverso ancora di più perché forse dentro Cosa nostra non c’era mai stato davvero. E se per i difensori degli imputati, anche da lui accusati, lui diventava inattendibile, e anche se qualche sentenza lo ha dichiarato inattendibile, per gli investigatori lui, Rosario Spatola, come Giacoma Filippello, suo conterranea campobellese, moglie del defunto capo mafia Natale L’Ala, e ancora come il castelvetranese Vincenzo Calcara, per gli investigatori più acuti della provincia di Trapani restavano i soggetti che avevano spezzato il muro che proteggeva i segreti della mafia trapanese. Niente affatto soggetti inutili alle indagini.
Nelle indagini per il delitto di Mauro Rostagno, Rosario Spatola, alcune cose le aveva dette. Prima che arrivassero i grandi pentiti, alcuni dei quali già sentiti nel processo in corso dinanzi alla Corte di Assise di Trapani, cominciato il 2 febbraio dello scorso anno, imputati due conclamati mafiosi ergastolani, Vincenzo Virga e Vito Mazzara, che hanno detto del fastidio che covava contro Rostagno da parte dei boss di Cosa nostra trapanese, il 6 marzo del 1992 davanti all’allora dirigente della Mobile, Malafarina, sentito nelle indagini per il delitto Rostagno, Spatola aveva detto che del sociologo e giornalista, ammazzato il 26 settembre del 1988, ne aveva sempre sentito parlare come un grosso rompiscatole. Ma questo termine non era stato usato da un mafioso qualsiasi, ma dall’avv. Totò Messina allora uno dei più grossi esponenti della cosca campobellese. Ma c’è di più: le confidenze fatte a lui da Messina gli avevano permesso di avere certezza del fatto che c’era chi dall’interno della comunità Saman, la comunità di recupero fondata da Rostagno, assieme a Cicci Cardella e a Chicca Roveri, informava chi stava fuori di ciò che faceva Rostagno. Il soggetto era Giuseppe Cammisa, detto Jpiter, di Campobello anche lui, anche lui inoltre a disposizione di Messina per il traffico di droga. Cammisa, raccontò Spatola, sebbene disintossicato continuò con lo stare in comunità. Spatola sentito poi il 25 marzo 1995 dai magistrati Palmeri e Rovida, della Procura di Trapani, ebbe a dire che Cammisa era un esperto conoscitore del procedimento di raffinazione dell’eroina e che in un caso era stato usato per pedinare un maresciallo dei carabinieri che l’organizzazione mafiosa voleva “uccidere”: “Ho il sospetto – disse in quella occasione – che di fatto per incarico di Messina pedinava e controllava Rostagno”. Era il periodo in cui Mauro Rostagno dagli shcermi di Rtc, la tv dove lavorava, faceva giornalmente il triste resoconto sui morti per droga.
Rosario Spatola è morto ma lo si è saputo solo anni dopo, qualche notizia, per la verità, era comparsa sulle pagine di alcuni giornali locali, ma quando oramai lui era caduto in disgrazia. Fu coinvolto in una indagine su pentiti che avevano concordato dichiarazioni prima di essere sentiti in alcuni processi, addirittura si vociferò che lui, sotto programma di protezione, chiedeva soldi per rendere dichiarazioni di comodo, di fatto si trovò fuori dal programma di protezione, con il carcere da scontare, seguito dal suo solo difensore l’avv. Silvio Forti che era in aula ad attenderlo per assisterlo e al pari dei pm si è sorpreso, incredulo, a sapere che il suo assistito era morto e nemmeno da poco, dal 2008. Senza più protezione, dimenticato da magistrati e giudici, si ritirò nella sua Campobello di Mazara dove nel frattempo, va detto, imperversava la moda dell’antimafia dichiarata di continuo e della quale era primo testimone il sindaco Ciro Caravà, adesso finito in carcere perché la sua era una antimafia recitata e nel frattempo si sarebbe preoccupato di aiutare i mafiosi. Spatola ha vissuto ancora pochi anni da inosservato, sconosciuto. Solo ieri la sua “fama” di primo pentito trapanese si è rifatta avanti quando però oramai lui non c’era più, e non si è fatto vedere come si faceva vedere all’inizio delle sue comparse, ben vestito, elegante, tra le mani la sigaretta, come Paolo Borsellino che non abbandonava mai il vizio del fumo.

http://www.malitalia.it/2012/01/processo-rostagno-il-teste-%E2%80%9Cpentito%E2%80%9C-non-c%E2%80%99e-e-morto-nel-2008/

martedì 10 gennaio 2012

Il Paese del gioco d'azzardo dove a vincere sono solo le mafie

Azzardopoli, il rapporto su mafie e gioco d'azzardo a cura di Libera
Il magistrato Diana De Martino: «è nuova frontiera del business criminale»
«Sale Bingo, scommesse clandestine, videopoker, slot machine. Il mondo del gioco d'azzardo è interesse della criminalità organizzata. Piu' di un interesse. Un vero e proprio affare. Spesso gestito in regime di monopolio. Con un giro d'affari sottostimato di dieci miliardi di euro all'anno. E che non conosce confini. Da Chivasso a Caltanisetta, attraversando la via Emilia e la Capitale, sono 41 i clan nel Belpaese che gestiscono la “grande roulette”». Così la rete di associazioni di Libera racconta in un passaggio del dossier “Azzardopoli” la costante e penetrante presenza delle mafie e del malaffare in quella che le cifre testimoniano essere la “terza impresa” del paese con un giro di affari di 86mld di euro: il gioco d'azzardo. Un settore che per la criminalità organizzata rappresenta, da solo, un guadagno di dieci miliardi di euro. Il una ampia ricerca curata dal giornalista Daniele Poto l'analisi della situazione nel Paese che – dichiara alla conferenza stampa alla Fnsi, Poto – è il primo Paese in Europa per numero di giocatori e il terzo nel mondo. L'analisi di Libera affronta il tema a partire da tutti gli aspetti che lo caratterizzano: la dipendenza dal gioco e del gioco d'azzardo in particolare, il controllo da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso di questo settore ma anche il disagio sociale e l'impoverimento delle famiglie che spesso finisco per diventare vittime di questo business sempre più gestito dai clan. Secondo il rapporto gli italiani spendono circa 1260 euro procapite per tentare la fortuna, per raddoppiare i soldi e si stimano 800mila persone dipendenti da gioco d'azzardo e quasi due milioni di giocatori a rischio. Un dossier – quello di Libera – che si avvale dei dati istituzionali, quelli delle forze dell'ordine ma anche di molte ricerche già effettuate in questi anni da associazioni, gruppi di cittadini, psicologi e operatori del sociale. Gioco d'azzardo, corruzione della speranza. «Da più di 15 anni – dichiara il presidente di Libera e Gruppo Abele, Luigi Ciotti – abbiamo denunciato il rischio, oggi certezza, che il gioco d'azzardo, così come è stato per le sostanze stupefacenti, diventasse una dipendenza, un disagio sociale e un luogo di malaffare criminale. Oggi ci troviamo in ritardo, a dover prendere atto che nulla è stato fatto e invece c'è urgenza di fare e fare bene al più presto sotto l'aspetto legislativo ma anche delle politiche sociali». Il presidente di Libera sottolinea i tanti aspetti sociali in cui incide, profondamente, l'abuso del gioco d'azzardo così come oggi si è diffuso nella società, trasformandosi in un businessa appetibile da numerosi clan e sottolinea: «quella del gioco d'azzardo è una forma di corruzione della speranza, nei dati che emergono dal rapporto che Libera presenta oggi, emerge soprattutto un problema di natura etica, culturale, morale e politica. E' stato dimostrato in questi anni – continua Ciotti – che il danno sociale e individuale che questi giochi d'azzardo arrecano alla società sono di gran lunga maggiori dei guadagni che lo Stato riesce a trarre da essi». Dipendenza e indebitamento sono i due problemi sociali che maggiormente sono collegati all'abuso nell'uso di videopoker, slot machine, gratta e vinci, bingo. E a questo “costo sociale” elevato e ancora oggi sottovalutato si passa all'inquinamento ormai conclamato di questo business da parte delle mafie, presenti in tutta la “filiera” che gestisce buona parte del gioco d'azzardo. Azzardo, nuova frontiera del business criminale. A parlarne durante la conferenza stampa di presentazione di “Azzardopoli” è il magistrato della Direzione nazionale antimafia, Diana De Martino. «Sono circa 41 i clan coinvolti in operazioni direttamente o indirettamente collegati a questo business in diverse città italiane a dimostrazione che il gioco d'azzardo è oggi la nuova frontiera per le mafie, il nuovo business che unisce bassi rischi e massimo rendimento». Sono dieci le direzioni distrettuali antimafia che nell'ultimo anno hanno effettuato indagini: Bologna, Caltanissetta, Catania, Firenze, Lecce, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria e Roma. Nel 2010 sono state 6.295 le violazioni riscontrate dalla Guardia di finanza: oltre 8mila le persone denunciate, 3.746 i videogiochi irregolari sequestrati (alla media di 312 al mese) e 1.918 i punti di raccolta di scommesse non autorizzate o clandestine scoperti, il 165% in piu' rispetto all'anno precedente. «Sono tante, svariate e di vera fantasia criminale i modi e le tipologie con le quali le mafie si infiltrano in queste imprese che si occupano della “macchina del gioco”. Dalle infiltrazioni delle società di gestione di punti scommesse, alle Sale Bingo, che si prestano in modo "legale" per diventare invee "lavanderie" per riciclaggio di soldi sporchi, all'imposizione di noleggio di apparecchi di videogiochi, alla gestione di bische clandestine, sino al toto nero e clandestino». E poi ancora «..il grande mondo del calcio scommesse, un mercato che da solo vale oltre 2,5 miliardi di euro. La grande giostra intorno alle scommesse delle corse clandestine dei cavalli e del mondo dell'ippica. Sale giochi utilizzate per adescare le persone in difficoltà, bisognose di soldi, che diventano vittime dell'usura. Il racket delle slotmachine. E non ultimo quello dell'acquisto da parte dei clan dei biglietti vincenti di Lotto, Superenalotto, Gratta e vinci. I clan sono pronto infatti a comprare da normali giocatori i biglietti vincenti, pagando un sovrapprezzo che va dal cinque al dieci per cento: una una maniera "pulita" per riciclare il denaro sporco. Esibendo alle forze di polizia i tagliandi vincenti di giochi e lotterie possono infatti giustificare l´acquisto di beni e attività commerciali. Eludendo così i sequestri». I clan coinvolti. Tante le operazioni attraverso le quali Libera racconta questo business che assume tratti criminali e coinvolge clan del calibro dei Casalesi, dei Bidognetti, dei Mallardo, dei Santapaola e dei Condello, dei Mancuso, dei Lo Piccolo. Dati illustrati, con precisione dal giornalista Daniele Poto che con Libera ha curato il rapporto includendo anche il lavoro di ricerca fatto dall'associazione Giovanni XXIII del novembre del 2011 - si legge nel rapporto - «ha realizzato una ricerca sulle abitudini al gioco d'azzardo stimando circa un 1 milione e 720 mila giocatori a rischio e ben 708.225 giocatori adulti patologici, ai quali occorre sommare l’11% dei giocatori patologici minorenni e quelli a rischio. Il che significa che vi sono circa 800 mila dipendenti da gioco d’azzardo all'interno di un'area di quasi due milioni digiocatori a rischio. I giocatori patologici dichiarano di giocare oltre tre volte alla settimana, per più di tre ore alla settimana e di spendere ogni mese dai 600 euro in su, con i due terzi di costoro che addirittura spendono oltre 1.200 euro al mese». Tutti dati che hanno un impatto sulla vita di tutti i giorni, sulle persone. Come sottolinea lo psicologo, Mauro Croce, oggi il gioco d'azzardo è diventato un fenomeno di massa che niente ha a che vedere con quel rito “culturale e di tradizione” che era un tempo. E ancora oggi non viene riconosciuta come una patologia da curare ed è ancora largamente negato il diritto a curarsi gratuitamente come per altre dipendenze. Una legge sul gioco d'azzardo. Numeri, storie e cifre di un fenomeno complesso, quelle contenute nel dossier di Libera (scarica qui il dossier “Azzardopoli) che affrontano il problema e denunciano i casi più eclatanti in cui le mafie hanno preso la gestione delle slot machine, di biglietti gratta e vinci del “mercato nero” e di altre attività che si rivelano, alla luce di queste cifre, un affare sicuro e redditizio. «Questa è la situazione oggi – conclude Luigi Ciotti – ma questa analisi deve servire soprattutto per agire, per mettere sul tavolo proposte, che abbiamo elaborato con le tante realtà che lavorano su questo tema da anni – e che adesso vanno applicate al più presto». Una proposta articolata in dieci punti, fra gli altri la necessità di una legge quadro che si occupi di inasprire le pene (al momento irrisorie) e prevenire il diffondersi di questa dipendenza dal gioco, una maggiore attenzione a politiche che siano in grado di intervenire prevenendo il fenomeno e i suoi effetti sociali e una più efficace comunicazione e informazione fondamentale per comprendere il fenomeno. fonte: http://www.liberainformazione.org/news.php?newsid=16384

domenica 8 gennaio 2012

Centroamerica: le morti misteriose nelle piantagioni di canna da zucchero

Si muore di un male silenzioso nelle piantagioni di canna da zucchero del Centroamerica Scritto da Maurizio Campisi *
Si muore di un male silenzioso nelle piantagioni di canna da zucchero del Centroamerica. Nel caldo umido del sole di dicembre, con temperature che superano i trenta gradi, la ¨zafra¨, la raccolta della canna da zucchero si fa ancora in forma tradizionale. Gli uomini, chini e sudati, strappano a colpi di machete le piante alla terra e stanno lì per ore, da mattina a sera, perchè qui non si riceve uno stipendio, ma una paga in relazione alla quantità di canna tagliata. L'attività è febbrile, perchè come in tutti i lavori agricoli, si lotta contro il tempo. Poche settimane per immagazzinare migliaia di tonnellate da inviare alle raffinerie o ai porti, per l'esportazione. El Salvador e il Nicaragua sono i principali produttori di zucchero della regione: quasi un milione di tonnellate dirette all'estero, soprattutto negli Stati Uniti e in Sudamerica. In Europa no, perchè non c'è mercato: le tasse di importazione sono trecento volte più alte del valore del prodotto, un'esagerazione per proteggere le economie delle ex colonie britanniche e francesi. Il lavoro è duro e pericoloso: i giornalieri devono sapersi districare tra le insidie che occultano le piante (serpenti, tarantole, insetti velenosi) e la costante esposizione all'insolazione o alla disidratazione. Chi si dedica a questa occupazione, conosce benissimo questi rischi, che impara a prevenire. Da qualche anno, però, esiste un pericolo che non si può evitare e che agisce subdolo, che attacca i reni ed i sistemi di difesa dell'organismo. Uno studio dell'Organizzazione mondiale per la salute ha reso infine ufficiale quello che nelle piantagioni già sapevano, che esiste un nemico silenzioso che uccide dopo mesi di dolenze ai reni. Migliaia di persone (una stima parla di 3000, altre portano i decessi fino a diecimila) sono morte in Centroamerica tra il 2005 ed il 2009 per insufficienza renale: tutti uomini e tutti giornalieri della zafra. La coincidenza è emersa dai dati offerti dagli ospedali, che sono stati i primi ad avvisare la relazione di quella che in pochi anni è diventata una delle maggiori cause di decessi di tutta la regione (nel Salvador la Irc è addirittura al secondo posto). Gli esperti non sanno o non vogliono dare una risposta sicura all'emergenza. Qualcuno dà la colpa ad una tossina sconosciuta, altri semplicemente alla fatica, ma non si scarta nemmeno l'uso indiscriminato di pesticidi, della cui origine i lavoratori sono all'oscuro. La tragedia del Nemagon, che per decenni venne irrorato sulle piantagioni di banane avvelenando la terra e la salute di migliaia di agricoltori e contadini è ancora viva nella memoria ed è una ferita che non si è rimarginata, che ha dimostrato alla gente delle campagne come gli interessi delle compagnie risultino più importanti di ogni altra cosa. Ed è proprio la diffidenza a dividere le opinioni dei lavoratori, che puntano l'indice contro le compagnie e queste, che invece, rifiutano ogni addebito ed ordinano studi e ricerche alle università per liberarsi dalle accuse. La malattia colpisce indistintamente uomini di tutte le età, adulti e ragazzi poco più che adolescenti, che si presentano alla raccolta sani e ne escono con i reni a pezzi ed i giorni contati. Differenti relazioni degli ospedali nicaraguensi hanno attribuito in passato la malattia all'esposizione ai pesticidi, ma non si è stati ancora in grado di determinare con esattezza cosa stia succedendo nei campi, tra gli alti ed agili fusti della canna da zucchero. Proprio in Nicaragua, già nell'ottobre di tre anni fa la Anairc (Asociación Nicaraguense de Afectados por Insuficiencia Renal Crónica) aveva portato il potente gruppo Pellas -proprietario delle principali piantagioni di canna da zucchero del paese- in tribunale senza troppa fortuna. Resta infatti da definire come lavoratori di differenti imprese situate in differenti paesi, a centinaia di chilometri di distanza tra loro, presentino gli stessi sintomi. A Liberia, capoluogo del Guanacaste, una delle zone agricole della Costa Rica, l'ospedale ha dovuto inaugurare recentemente un reparto di dialisi per poter attendere le decine di richieste per lenire le sofferenze dell'insufficienza renale. Tra Liberia e Chichigalpa -cuore della zafra nicaraguense- ci sono almeno 500 chilometri ed altri cinquecento ce ne sono per giungere a La Libertad e alle coltivazioni salvadoregne. Sorge così la teoria di un mix di cause: le alte temperature (fino a 35 gradi), le lunghe ore sotto il sole, la disidratazione, i pesticidi, così come l'etilismo frequente tra i lavoratori della canna, tutti fattori di alto rischio che, se sommati insieme, conducono i reni al collasso. Risposte, insomma, al momento non ce ne sono: resta solo il silenzio che fa crescere l'angoscia ed il dramma fonte: www.peacereporter.net

La Corea del Nord dopo Kim Jong Il


Un erede troppo giovane e il peso del fattore militare


Un Kim dopo Kim. Dopo la morte di Kim Jong Il, il suo terzogenito Kim Jong Un dovrebbe prendere il suo posto, ma la transizione non appare semplice.
Facciamo un bilancio dei 17 anni di leadership del defunto "caro leader" e ipotizziamo qualche scenario futuro con Rosella Ideo, coreanista ed esperta di Asia orientale.

Chi era Kim Jong Il?

Diventa delfino del padre, Kim Il Sung, con un lungo processo di successione, durato circa quindici anni: un passaggio di consegne preparato facendo piazza pulita di tutti gli ostacoli alla sua scalata al potere. Kim Il Sung muore nel 1994, dopo un "regno" di trentadue anni. Era stato uno dei leader più amati del Novecento: aveva creato lo Stato nordcoreano su basi di eguaglianza, una cosa che in Corea non si era mai vista. Negli ultimi dieci anni della sua vita, c'era stata una diarchia di fatto, in cui padre e figlio lavoravano a stretto contatto.
Quando il potere passa a Kim Jong Il nel 1994, la situazione politica è sostanzialmente stabile, mentre quella economica e sociale è invece molto grave, tant'è che nel 1995 scoppia una carestia che inaugura in un certo senso il nuovo "regno" e che colpisce un Paese di fatto industrializzato e con un alto livello di scolarizzazione.

Nel frattempo c'è anche la prima crisi nucleare, che viene ricomposta ancora dal vecchio Kim e da Jimmy Carter, con accordi informali ma precisi che verranno poi rispettati dalla presidenza Clinton.
Kim Jong Il non riesce però a gestire l'emergenza economica. La sua preoccupazione principale diventa allora quella di consolidare il potere della propria famiglia all'interno, tenendo alta l'allerta internazionale. Questa strategia, che dura anche negli anni delle due amministrazioni Bush, punta paradossalmente a garantirsi proprio l'appoggio degli Stati Uniti, attraverso una pace bilaterale sulla testa di Seul. Con l'arrivo di Obama, il "Caro Leader" capisce che questa strategia non ha funzionato.
All'attivo di Kim Jong Il non c'è molto, se non il successo nel mantenersi al potere e nel conservare intatte le strutture fondamentali dello Stato nordcoreano, progettato dal padre.

In Occidente circolano voci che Kim potrebbe essere morto per cause non naturali. Si parla per esempio di un interesse di alcuni ambienti militari a una sua uscita di scena per forzare la mano verso le riforme. È plausibile?

Non lo ritengo probabile. Era molto malato dai tempi dell'ictus del 2008, che lo aveva fatto sparire dalla circolazione per tre mesi. La sua sorte era segnata. Le voci circolano come in tutti i casi in cui c'è un regime di cui si sa poco o nulla. Di fatto, potrebbe essere tranquillamente morto per un secondo ictus. Va detto che era nell'interesse di tutti che lui vivesse, garantendo una situazione tutto sommato stabile.

Cosa succede adesso?

Le incognite sono molte. Dobbiamo vedere le prossime mosse delle forze armate. L'erede è giovane, il processo di successione è incompleto, perché Kim Jong Un è stato nominato delfino solo un anno fa. È un personaggio di cui si sa poco, perfino l'età anagrafica è controversa: 27 o 28 anni? Si sa solo che ha studiato in Svizzera.
L'anno prossimo, nel 2012, ricorre il centenario della nascita di Kim Il Sung. Sarà un evento importantissimo per cui lo stesso Kim Jong Il stava preparando festeggiamenti imponenti. Vedremo in che condizioni ci arriveremo, per il momento è necessario tenere d'occhio le forze armate e il tutore, il mentore di Kim Jong Un, cioè suo zio Jang Song Taek: è vicepresidente della commissione nazionale di Difesa - il cui presidente era il defunto Kim - quindi figura potentissima. Seguirà le volontà di Kin Jong Il? Agirà in proprio, per il potere personale, o sarà un fedele tutore del giovane senza esperienza? Si aggiunga anche che in un Paese confuciano come la Corea del Nord, ci sono preclusioni verso la leadership incarnata da un giovane. E le forze armate, da parte loro, manifesteranno una fedeltà personale a Jang Song Taek oppure continueranno a essere fedeli alla dinastia del Kim, che negli ultimi anni non ha garantito un livello di sussistenza neppure minimo ai nordcoreani? Ci sarà un "si salvi chi può"? Tutto è possibile.

Una soluzione "alla cinese" è all'orizzonte? Qual è oggi lo stato dei rapporti tra Corea del Nord e Cina?

Negli ultimi anni, la Cina è stata l'unico puntello diplomatico della Corea del Nord, nonché l'unico Paese che l'ha aiutata concretamente attraverso la fornitura di materie prime, soprattutto petrolio. Da questa posizione, Pechino ha sempre cercato di spingere Kim Jong Il in direzione di riforme "alla cinese": non c'è mai riuscita. Nelle poche visite che Kim ha fatto in Cina, è sempre stato portato a visitare poli industriali, Zone Economiche Speciali, affinché si rendesse conto della necessità di avviare riforme verso la modernizzazione. La Cina ha fatto anche investimenti in Corea: nel 2009, Wen Jiabao ha visitato il Paese per confermare i legami e per spingere il Paese verso riforme strutturali.
I rapporti con la Cina sono molto buoni, perché i cinesi a differenza degli americani sono sempre stati molto vicini ai nordcoreani. Hanno sempre usato un linguaggio diplomatico felpato sia verso il Paese sia verso Kim Jong Il. È una vicinanza "intelligente", perché ha anche permesso alla Cina di comprendere i reali equilibri di potere all'interno della leadership nordcoreana. Per Pechino, non ne ha mai fatto mistero, c'è anche un chiarissimo interesse nazionale, perché la destabilizzazione della Corea del Nord sarebbe un problema enorme: milioni di profughi passerebbero il confine tra i due Paesi, destabilizzando le regioni nord-orientali della Cina, dove vive tra l'altro una fortissima minoranza coreana. Anche la Corea del Sud ha gli stessi problemi. Quindi sia Pechino sia Seul monitorano con attenzione la situazione nordcoreana.

Gabriele Battaglia

fonte: www.peacereporter.net

sabato 7 gennaio 2012

Saluti da Cortina



fonte: https://www.facebook.com/nocensura

D.ssa Terry Wahls: Come ho sconfitto la Sclerosi Multipla

Che l'alimentazione sia importante per rimanere in buona salute è una cosa ormai nota anche nell'ambiente medico ed ha dato via ad una scienza relativamente recente di nome nutrigenomica. Ma che un drastico cambio alimentare potesse portare a dei risultati curativi così stupefacenti, è sicuramente meno noto.

Alla dott.ssa Terry Wahls, persona sportiva che come tante altre conduceva una vita normale, una decina d'anni fa fu diagnosticata la Sclerosi Multipla, una malattia cronico degenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale che generalmente non porta alla morte ma conduce ad una progressiva disabilità molto grave.



Nonostante non esistano cure, e grazie anche all'ambiente che la Dott.ssa Wahls, come medico, conosceva, è stata ricoverata nelle cliniche più moderne, visitata dagli specialisti migliori, ed ha potuto assumere i medicinali più innovativi e promettenti.

Tutto ciò ha portato ad un piccolo rallentamento del declino clinico ma purtroppo la malattia nel frattempo era transizionata allo stadio secondario progressivo, costringendola su di una sedia a rotelle.

Terry non si è però persa d'animo, ed avendo visto che su pubmed erano disponibili molte ricerche che potevano essere correlate alla sua patologia ha deciso di rimboccarsi le maniche ed approfondire la sua conoscenza della materia. Internet è stata per lei la più grande risorsa.

Dopo aver cominciato a sperimentare su di sè, con scarso risultato, farmaci e composti sperimentali è arrivata alla conclusione che un drastico cambio alimentare mirato potesse in qualche modo aiutare l'errato processo metabolico che avviene nelle sue cellule cerebrali e... il resto vale la pena ascoltarlo dalla sua voce mentre racconta l'esperienza, in piedi, camminando sul palco

Traduzione e sottotitolatura a cura di Dusty per il Portico Dipinto

fonte: www.luogocomune.net

venerdì 6 gennaio 2012

VITTORIO ARRIGONI, DELUSIONE PER ANDAMENTO PROCESSO


Il processo che prometteva verità e giustizia in tempi rapidi sembra impantanarsi. Nuovi particolari emergono dalle confessioni degli imputati Vittorio è stato pedinato per due mesi. A ucciderlo sono stati in tre.
MICHELE GIORGIO
Gaza, 06 gennaio 2012, Nena News – Ha un limite la comprensione per i problemi e le difficoltà che a Gaza attraversa il sistema giudiziario. Non è accettabile quanto è accaduto ieri alla Corte militare della Striscia dove da quattro mesi è in corso il processo agli imputati per il sequestro e l’assassinio di Vittorio Arrigoni compiuti lo scorso aprile a Gaza da una sedicente cellula salafita.

Le indiscrezioni annunciavano un’udienza di particolare importanza. Speravamo perciò di assistere ad un dibattimento concreto, sui motivi di un sequestro e di un assassinio che hanno generato forte sdegno a Gaza e in Italia. Vittorio era un amico dei palestinesi, era impegnato a diffondere informazioni dettagliate e continue sulla condizione di Gaza e a cercare di proteggere, con la sua presenza nelle aree a rischio, contadini e pescatori (i più danneggiati dalle misure nei confronti di Gaza che attuano le autorità militari israeliane). Ma ieri le cose sono andate nella direzione opposta a quella sperata. L’ultima udienza è stata la più breve delle nove che si sono svolte dallo scorso 8 settembre ad oggi ed anche la più inutile e, per certi versi, paradossale.

La prima sorpresa è venuta da Amr Abu Ghoula, uno dei quattro imputati, agli arresti domiciliari perché accusato di reati minori. Abu Ghoula ieri non si è fatto trovare nella gabbia degli imputati, violando l’ordine di presentarsi all’udienza. La corte, registrata la sua assenza, ha subito spiccato un mandato di arresto ma fino a ieri sera di Abu Ghoula non si sapeva nulla.

La seconda sorpresa è stata la rapidità con la quale la stessa corte, dopo aver appreso che la difesa non aveva ricevuto alcuni documenti relativi alle prove prodotte dalla procura militare, ha aggiornato il processo al 16 gennaio. Quattro-cinque minuti in tutto, questa la durata dell’udienza. È inaccettabile.

A settembre il procuratore aveva parlato di tempi molto stretti per lo svolgimento del processo nel pieno rispetto, naturalmente, dei diritti degli imputati e di tutte le parti coinvolte. Senza dimenticare le assicurazioni date alla famiglia Arrigoni e all’Italia da Ghazi Hamad, vice ministro degli esteri del governo di Hamas. Di mesi però ne sono già passati quattro e nove udienze non sono bastate ad andare alla sostanza di un assassinio che lo scorso aprile ha fatto il giro del mondo. Tutto ciò è un affronto, a nostro avviso, alla famiglia Arrigoni che pure ha scelto la riservatezza, evitando di commentare pubblicamente le indagini e il processo. Senza dimenticare che Egidia Beretta e Alessandra Arrigoni, la madre e la sorella di Vittorio, il mese scorso, rispondendo ad un appello dei famigliari degli imputati, avevano espresso apertamente la loro opposizione ad una eventuale sentenza di condanna a morte (che a Gaza danno per certa).

Egidia Beretta e Alessandra Arrigoni però avevano chiesto anche giustizia e chiarezza su un delitto che si rivela più terribile man mano che emergono nuovi particolari dalle confessioni fatte dagli imputati (che ora non affermano più di averle firmate sotto pressione). Una fonte giornalistica di Gaza ha consegnato al manifesto i testi delle confessioni di due degli imputati, Mahmud Salfiti e Khader Ijram, che aggiungono particolari importanti a fatti già noti. Ijram – vigile del fuoco presso la stazione della difesa civile situata di fronte all’edificio dove Vittorio aveva vissuto per lungo tempo – ha fornito per due mesi alla (presunta) cellula salafita informazioni dettagliate sui movimenti dell’attivista italiano. Agli inquirenti ha spiegato candidamente di «non aver avuto la forza di dire di no» al suo amico Tamer Hasasnah, uno degli imputati e, stando a quanto è emerso, responsabile dell’organizzazione tecnica del sequestro. Ancora più importanti appaiono le confessioni di Mahmud Salfiti. Rispondendo alle domande della polizia subito dopo il suo arresto, Salfiti ha detto che tutti i membri della cellula avevano accettato senza tentennamenti la decisione presa dal «capo», il giovane giordano Abdel Rahman Breizat (ucciso assieme al palestinese Bilal Omari in uno scontro a fuoco con la polizia di Hamas), di «eliminare l’ostaggio» di fronte ad un rifiuto del governo di Gaza di scarcerare lo sceicco salafita al Maqdisi che intendevano scambiare con Vittorio. Salfiti ha anche riferito agli inquirenti che sono stati in tre ad uccidere l’italiano e non solo Breizat come, invece, si era inizialmente appreso. La decisione di non rispettare l’ultimatum e di assassinare l’ostaggio, allo scopo di darsi la fuga, è stata presa da Breizat ma sempre con il consenso pieno e convinto degli altri membri della cellula. Rimane in piedi peraltro l’ipotesi che il giordano abbia eseguito le istruzioni di un regista esterno, deciso a far tacere una voce scomoda. Nena News

FONTE: http://nena-news.globalist.it/?p=16169

BP chiede maxirisarcimento per il disastro nel Golfo del Messico



Continua il “gioco delle colpe” fra le società coinvolte nella gestione della piattaforma Deepwater Horizon, esplosa nell’aprile 2010

Il gioco delle colpe era iniziato fin da subito. Fin dalle prime ore, con le tonnellate di combustibile che si sversavano in mare, con la marea nera che avanzava inesorabile verso il Golfo del Messico, col rombo dell’esplosione che ancora riecheggiava sulla distesa d’acqua e i corpi degli 11 operai uccisi ancora a terra. Già da allora BP e le varie concessionarie che lavoravano sulla piattaforma avevano iniziato ad addossarsi le colpe a vicenda.

Un gioco che continua a tutt’oggi. Dei 40 miliardi di dollari che la British Petroleum stima di dover impiegare per coprire i costi relativi al disastro della Deepwater Horizon, circa 20 sono stati chiesti alla Halliburton, la concessionaria di BP che forniva il cemento per il campo petrolifero di Macondo.

Quello che nel 2010 è stato il più grave disastro ambientale della storia americana rischia di trasformarsi anche in un caso giudiziario. La BP, infatti, accusa la Halliburton di avere gravi responsabilità nei fatti dell’aprile 2010; Don Haycraft, avvocato della Bp, ha così presentato una richiesta di risarcimento alla Corte federale di New Orleans.

Nell’occasione l’avvocato ha anche stilato la lista dei costi che la multinazionale britannica sarebbe costretta ad affrontare. Circa 42 miliardi di dollari totali, per ripulire l’area e rimborsare lo stato del Messico e le vittime della catastrofe ambientale. Tale sarebbe “l’ammontare dei costi e delle spese sostenuti dalla Bp per ripulire e bonificare la fuoriuscita di petrolio, la perdita di profitti da e/o diminuzione di valore del Macondo prospect e tutti gli altri costi e danni subiti dalla Bp relativi all’incidente della Deepwater Horizon ed alla conseguente fuoriuscita di petrolio”.

Fino ad oggi Bp ha speso 14 miliardi di dollari per far fronte alla crisi e ha messo da parte 20 miliardi di dollari per i rimborsi.

La Halliburton, grande impresa statunitense che alla Bp forniva beni e servizi per il progetto di trivellazione offshore in acque profonde, risponde alle accuse sostenendo che il contratto che aveva con Bp la rendeva esente da ogni responsabilità. Con un pacco di documenti i suoi legali accusano proprio i dipendenti della Bp di aver causato l’esplosione sulla piattaforma. Il portavoce dell’azienda, Beverly Stafford, rincara la dose: “Halliburton ritiene di essere totalmente indenne dalle accuse della Bp per eventuali perdite risultanti dall’incidente di Macondo e dalle eventuali sanzioni derivanti dalle violazioni”.

Sull’entità del risarcimento ancora non è stata avanzata una richiesta precisa, ma alcune dichiarazioni dell’avvocato Haycraft fanno supporre una cifra che si aggira attorno ai 20 miliardi.

Oltre a BP e Halliburton ci sono anche altri soggetti imputati a vario titolo nel processo sul disastro ambientale: la multinazionale svizzera Transocean, proprietaria della Deepwater Horizon, la Cameron International, produttrice delle attrezzature utilizzate per la prevenzione degli sversamenti, l’Anadarko Petroleum, che possedeva parte delle licenze di prospezione di Macondo, e la Moex Offshore LLC di Mitsui & Co, proprietaria di una quota del pozzo esploso. Fino ad ora solo la Transocean e la Halliburton non hanno raggiunto accordi transattivi con la BP.

A.D.

Fonte: http://www.ilcambiamento.it/inquinamenti/bp_chiede_risarcimento_golfo_messico.html

Tratto da: BP chiede maxirisarcimento per il disastro nel Golfo del Messico | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/01/06/bp-chiede-maxirisarcimento-per-il-disastro-nel-golfo-del-messico/#ixzz1ifaxi61n
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!

giovedì 5 gennaio 2012

Ciò che comunemente si crede rispetto al debito pubblico



di Susanna Berti Franceschi.
In realtà la maggior parte dei cittadini crede a) che il governo non possa essere così stupido o corrotto da permettere a un cartello di banche private di governare il paese (sbagliato!) o
b) che la parola “federale” significa che essa fa parte del governo (ugualmente sbagliato!).
Nel Regno Unito, ci viene venduta l’illusione che la Banca d’Inghilterra sia nazionalizzata e quindi sotto il controllo del governo. La Banca d’Inghilterra è uno dei punti focali della rete finanziaria dell’Elite, ed ha continuato ad essere controllata dall’Elite dopo che è stata nazionalizzata dal Governo laburista del dopoguerra, diventando una banca privata non ufficiale.
L’intero castello di carte e il controllo della razza umana si basa sull’imposizione di interessi sul denaro. La questione dell’interesse è cruciale. Non c’è niente di male nel denaro se esso viene usato solo come strumento di scambio per beni e servizi. E’ quando si cominciano a imporre interessi sul denaro, la maggior parte del quale non esiste nemmeno materialmente, che sorgono enormi pericoli. A quel punto si può ricavare più denaro solo manipolando pezzi di carta e numeri elettronici di quanto se ne possa ricavare producendo beni essenziali e servizi che rispondono alle esigenze della gente. Con l’imposizione di interessi, il denaro insegue quelli che ce l’hanno già e ignora chi non ne ha. Le abissali divisioni sociali e finanziarie del mondo sono provocate dall’imposizione di interesse sul denaro. La produzione viene modificata sulla base dell’avidità e non della domanda, e i ricchi si arricchiscono, mentre i poveri si impoveriscono. Spesso non è il costo di una casa che impedisce alla gente di comprarla, ma il fatto che ne dobbiamo comprare tre o quattro per averne una!

Non c’è alcuna ragione per cui un governo non possa stamparsi i suoi soldi privi di interesse e prestarli, senza gravarli d’interesse alla popolazione affinché si compri una casa, magari con una piccola tassa una-tantum per coprire i costi di amministrazione. L’unica cosa che frena questa soluzione è la mancanza di volontà da parte dei politici appartenenti a tutti i partiti, controllati direttamente dall’Elite o dai suoi manipolatori economici. Pensate a come le tasse potrebbero essere drasticamente ridotte, o addirittura abolite,se i nostri governi – in altre parole, la gente – non dovessero rimborsare cifre stratosferiche sotto forma di interessi su denaro “preso in prestito” dalle banche. Un amico che lavora nel settore finanziario mi ha detto che per ogni sterlina o dollaro esistente in contante, ne esistono (o meglio non esistono!) altri 30 milioni sotto forma di “credito” elettronico. Il pastore Sheldon Emery ha descritto molto bene questo sistema di creazione del debito da parte del governo nel suo libro,
Billions For The Banks, Debts For The People:
"Il governo federale, avendo speso più di quanto ha incassato dai suoi cittadini in termini di tasse, ha bisogno, mettiamo, di 1 miliardo di dollari. Dal momento che non ha i soldi (il Congresso ha rinunciato alla sua facoltà di “crearlo”), il governo deve andare a chiedere ai “creatori” 1 miliardo di dollari. Ma la Riserva Federale, una compagnia privata, non concede denaro tanto facilmente! I banchieri sono disposti a consegnare 1 miliardo in contanti o sotto forma di credito al governo federale solo se quest’ultimo lo rimborserà con gli interessi! Così il Congresso autorizza il Ministero del Tesoro a stampare 1 miliardo di dollari in buoni del tesoro, che vengono poi consegnati ai banchieri della Riserva Federale. La Riserva Federale paga il costo della stampa del miliardo di dollari (circa 1.000 dollari) e lo consegna al governo, il quale lo usa per pagare le sue obbligazioni. Quali sono i risultati di questa fantastica transazione? Beh, 1 miliardo di dollari va a sanare le fatture del governo, ma il governo ha ora indebitato la gente nei confronti delle banche per una cifra pari agli interessi imposti su 1 miliardo di dollari! Decine di migliaia di simili transazioni sono avvenute dal 1913 [quando la Riserva Federale è stata creata] cosicché negli anno Ottanta, il governo statunitense si è indebitato nei confronti dei banchieri per più di 1 miliardo di miliardi di dollari, su cui la gente paga più di 100 miliardi di dollari all’anno di interesse senza alcuna speranza di riuscire a rimborsare il capitale… [Oggi le cifre sono molto più alte]… Probabilmente i nostri figli e le generazioni future continueranno a pagare per l’eternità! Voi dite, “E’ terribile!” Si, lo è, ma vi abbiamo mostrato solo una parte di questa sordida storia. All’interno di questo scellerato sistema, quei buoni del tesoro sono ora diventati “patrimonio” delle banche del Sistema della “riserva” per “creare” ulteriore “credito” da dare in prestito. Gli attuali fabbisogni di “riserve” gli permettono di usare quel miliardo di dollari in buoni del tesoro per “creare” 15 miliardi in nuovo “credito” da prestare agli Stati, ai Comuni, ai privati e alle aziende. Oltre all’originale miliardo di dollari, essi potrebbero avere 16 miliardi di “credito creato” dal pagamento degli interessi sui prestiti, mentre l’unico costo da loro sostenuto equivale ai 1.000 dollari della stampa del miliardo originale! Dal momento che il Congresso statunitense non emette denaro costituzionale dal 1863, se la gente vuole avere i soldi sufficienti a portare avanti attività commerciali, è obbligata a prendere in prestito il “credito creato” dai banchieri del monopolio e a pagare loro interessi da usura!"

Il termine “denaro costituzionale” allude alla Costituzione degli Stati Uniti, che afferma: “Il Congresso avrà il potere di coniare il denaro e regolarne il valore”. Purtroppo, vuoi per caso o di proposito, essa non dice che il Congresso avrà sempre il potere di coniare denaro e regolarne il valore, e che nessun altro potrà fare queste cose. Le conseguenze di ciò sono state abbastanza spaventose per l’America e per il mondo: nel 1910, il debito federale era solo di 1 miliardo, o 12,40 dollari a persone. I debiti statali e locali erano molto ridotti o inesistenti; nel 1920, solo sette anni dopo che la Riserva Federale era stata fondata, il debito del governo statunitense ammontava a 24 miliardi di dollari, 228 dollari per ogni cittadino; nel 1960, il debito nazionale era di 284 miliardi di dollari o 1.575 dollari a testa; nel 1981, il debito salì a un miliardo di miliardi di dollari e da allora è andato aumentando sempre più. Se gli Stati Uniti nella loro interezza venissero ceduti ai banchieri come risarcimento dei debiti, ci vorrebbero ancora due, forse tre America per saldare completamente i debiti! Non fu senza ragione che Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori, disse:
"Se il popolo americano permetterà mai alle banche private di controllare l’emissione del denaro, dapprima attraverso l’inflazione e poi con la deflazione, le banche e le compagnie che nasceranno intorno… [alle banche] …priveranno il popolo dei suoi beni finché i loro figli si ritroveranno senza neanche una casa sul continente che i loro padri hanno conquistato".

Dopo gli anni Sessanta, il governo del Regno Unito pagava ogni anno 1 miliardo di sterline di interesse sui prestiti. Nel 1993 la cifra era salita a 24,5 miliardi. Il governo aveva preso dei prestiti per pagare gli interessi sui prestiti mentre il capitale non era ancora stato rimborsato.
Confrontate quei 24,5 miliardi di sterline spese per pagare gli interessi con i 33 miliardi spesi quell’anno per la sanità e gli 11 miliardi che sono andati all’istruzione. Non lamentatevi se mancano i libri scolastici o se gli edifici vanno a pezzi. I banchieri devono pur mangiare, no?
La creazione del debito attraverso l’imposizione di interesse rende anche possibile la conquista del mondo da parte di una minoranza. I banchieri possono accumulare o manipolare affari concedendo o rifiutando prestiti.
Un tipico scenario si verifica con lo sviluppo dell’agricoltura e l’allevamento basata su grandi aziende, che utilizzano tecniche industriali, insetticidi, erbicidi, fertilizzati chimici e con le multinazionali che utilizzano OGM.
Ci viene raccontato che tali aziende assicurerebbero profitti più alti, in realtà è vero il contrario: sono le piccole aziende che utilizzano le tecniche della bioagricoltura a generare maggiori profitti.
Nonostante questo, succede che la produzione agricola è quasi tutta effettuate dalle prime aziende, perché le banche elargiscono in abbondanza crediti alle prime, mentre li rifiutano alle seconde. Non bisogna farsi impressionare dalla capacità di creare profitto delle multinazionali: in realtà, una tipica multinazionale, di solito fa profitti intorno al 2-3% del fatturato, ma richiede ogni anno nuovi investimenti per circa il doppio. Quindi le multinazionali possono affermarsi e svilupparsi solo se sono finanziate dalle banche, in caso contrario fallirebbero nel giro di qualche anno.
Un altro scenario di conquista è quello in cui i banchieri dell’Elite, tutti insieme, rifiutano prestiti a una particolare azienda o compagnia multinazionale. Questo riduce il suo valore in borsa.
A questo punto, quando il prezzo delle sue azioni in borsa precipita, i banchieri comprano grossi blocchi di azioni a prezzi stracciati. Poi cambiano improvvisamente idea e concedono il prestito, aumentando così il valore delle azioni dell’azienda. Allora le banche o vendono le azioni realizzando un buon profitto, o rinsaldano il loro controllo sul consiglio d’amministrazione di quell’azienda.
Cosa fanno le banche una volta acquistato il controllo? Si assicurano che l’azienda prenda sempre più prestiti dalle banche finché viene sommersa dal debito al punto tale che le banche possiedono tutto.
E’ così che le stesse poche persone hanno finito per possedere tutte le maggiori aziende, i media e così via. Una volta acquisito il controllo dei media, è stato facile, nascondere la verità alla gente e propinarci le menzogne necessarie a fuorviarci e a confondersi.
Niente migliorerebbe le condizioni di vita della gente più velocemente della fine dell’imposizione di interessi sul denaro e della ripresa da parte dei governi della stampa del proprio denaro privo di interesse.
Il Presidente Abraham Lincoln si mosse in questo senso creando le banconote “greenbacks”, ma venne ucciso poco dopo, nel 1865, da John Wilkes Booth, un presunto agente della casa Rothschild. Anche il Presidente John F. Kennedy propose la stessa soluzione e alcune delle sue banconote prive di interesse sono ancora in circolazione. Ma fu ucciso dall’Elite a Dallas, in Texas, nel 1963.

http://shobateieten.ilcannocchiale.it/post/2714004.html

Tratto da: Ciò che comunemente si crede rispetto al debito pubblico | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/01/05/cio-che-comunemente-si-crede-rispetto-al-debito-pubblico/#ixzz1iaLxfLrr
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!

mercoledì 4 gennaio 2012

Banchiere svizzero smaschera i criminali del Bilderberg

Banchiere svizzero smaschera i criminali del Bilderberg





Josef Ackermann, CEO della Deutsche Bank e membro del Bilderberg (sopra) da tempo fattorino dei Rothschild, esemplifica i peggiori eccessi dei Bilderbergers.
“Il caso Strauss-Kahn dimostra quanto queste persone siano corrotte, mentalmente instabili, sature di vizi, vizi che vengono tenuti nascosti dagli ordini a cui appartengono. Alcuni di loro come Strauss-Kahn stuprano le donne, altri praticano il sado maso, altri ancora si dedicano alla pedofilia, molti si appassionano al satanismo. Quando andate in alcune banche potete vedere chiaramente questi simboli satanisti, come nella Banca dei Rothschild a Zurigo “.
“Hanno un nuovo piano per censurare Internet, perché Internet è ancora libero. Vogliono controllare e usare il terrorismo per creare il motivo. Potrebbero anche inventarsi qualcosa di orribile per avere una scusa”.
L’intervista ha avuto luogo il 30 maggio tramite il settimanale russo “NoviDen”
D: Può dirci qualcosa riguardo il suo coinvolgimento nel settore bancario svizzero?

A: Ho lavorato per le banche svizzere per molti anni. Fui designato come uno dei direttori di una delle più grandi banche svizzere. Durante il mio lavoro venni coinvolto nel pagamento, nel pagamento diretto in contanti di una persona che uccise il presidente di un paese straniero. Ero presente alla riunione in cui venne deciso di dare questi soldi in contanti all’assassino. Tale decisione mi ha riempito di rimorsi. Non fu l’unico caso grave, ma fù sicuramente il peggiore. Vennero inviate istruzioni di pagamento su ordine di un servizio segreto straniero, scritte a mano, con le disposizioni di pagare una certa somma ad una persona che aveva ucciso un leader di un paese straniero. E non fù l’unico caso. Abbiamo ricevuto numerose lettere scritte a mano, provenienti da servizi segreti stranieri, che davano l’ordine di pagamenti in contanti, da conti segreti, per finanziare rivoluzioni o per l’uccisione di persone. Posso confermare quello che John Perkins ha scritto nel suo libro “Confessioni di un Sicario Economico”. Esiste veramente un solo Sistema e le banche svizzere hanno le mani in pasta in esso.
D: Il libro di Perkins è stato tradotto ed è disponibile in russo. Ci può dire di quale banca si tratta e chi è il responsabile?
A: Era una delle prime 3 banche svizzere a quell’epoca il responsabile fù il presidente di un paese del terzo mondo. Non voglio però entrare nei dettagli, mi troverebbero facilmente se dicessi il nome del presidente e il nome della banca. Rischio la mia vita.
D: Non è possibile fare il nome di una persona di quella banca?
R: No non posso, ma vi posso assicurare che tutto ciò è accaduto. Eravamo in molti nella sala riunioni. Il responsabile del pagamento fisico del denaro è venuto da noi (dirigenti) e ci ha chiesto se gli fosse consentito il pagamento di una così grande somma di denaro in contanti. Uno dei direttori spiegò lui il caso e tutti gli altri acconsentirono a procedere.
D: Accaddero spesso cose del genere? I soldi erano una specie di fondi neri?
R: Sì. Questo era un fondo speciale gestito in un posto speciale nella banca dove arrivavano tutte le lettere in codice dall’estero. Le lettere più importanti venivano scritte a mano. Una volta decifrate, contenevano l’ordine di pagare una certa somma di denaro da conti per l’assassinio di persone, il finanziamento di rivoluzioni, il finanziamento di attentati e per il finanziamento di ogni tipo di partito. So per certo che alcune persone all’interno del gruppo Bilderberg erano coinvolti in questo genere di operazioni. Hanno dato l’ordine di uccidere.
D: Puoi dirci in quale anno o decade tutto questo è accaduto?
R: Preferisco non darvi l’anno preciso ma è stato negli anni 80.
D: Hai mai avuto problemi con questo lavoro?
R: Sì, un problema molto grande. La notte non riuscivo a dormire e dopo un po’ lasciai la banca. Diversi servizi segreti provenienti dall’estero, soprattutto di lingua inglese, diedero l’ordine di finanziare azioni illegali, compresa l’uccisione di persone attraverso le banche svizzere. Dovevamo pagare, sotto ordine di potenze straniere, per l’uccisione di persone che non seguirono gli ordini del Bilderberg o del FMI o della Banca Mondiale, per esempio.
D: Quella che stai facendo è una rivelazione molto importante. Perché senti il bisogno di dirlo qui e adesso?
R: Perché il prossimo Bilderberg meeting si farà in Svizzera. Perchè la situazione mondiale peggiora sempre di più. Infine perché le maggiori banche Svizzere sono coinvolte in attività non etiche. La maggior parte di queste operazioni sono al di fuori del bilancio. Non sono sottoposte a verifica e non prevedono tasse. Si parla di cifre con molti zeri. Somme enormi.
D: Si parla di miliardi?
A: Molto ma molto di più, si parla di triliardi, illegali, non sottoposti a controllo fiscale. Fondamentalmente si tratta di una rapina per tutti. Voglio dire le persone normali pagano le tasse e rispettando le leggi. Quello che sta accadendo qui è completamente contro i nostri valori svizzeri, come la neutralità, l’onestà e la buona fede. Negli incontri dove fui coinvolto, le discussioni erano completamente contro i nostri principi democratici. Vedete, la maggior parte degli amministratori delle banche svizzere non sono più locali, sono stranieri, soprattutto anglosassoni, sia americani che britannici, non rispettano la nostra neutralità, non rispettano i nostri valori, sono contro la nostra democrazia diretta, basta loro usare le nostre banche come mezzi per fini illegali. Utilizzano enormi quantità di denaro creato dal nulla e distruggono la nostra società e distruggono le persone in tutto il mondo solo per avidità. Cercano il potere e distruggono interi paesi, come Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda. Una persona come Josef Ackermann, che è un cittadino svizzero, è l’uomo di punta di una banca tedesca e usa il suo potere per avidità e non rispetta la gente comune. Ha un bel paio di casi legali in Germania e ora anche negli Stati Uniti. E’ un Bilderberger e non si preoccupa della Svizzera o di qualsiasi altro paese.
D: Stai dicendo che, alcune di queste persone che citi parteciperanno alla imminente riunione del Bilderberg a St. Moritz?
R: Sì.
D: Quindi i partecipanti sono attualmente in una posizione di potere?
R: Sì. Hanno enormi quantità di denaro disponibile e lo utilizzano per distruggere interi paesi. Distruggono la nostra industria e la ricostruiscono in Cina. Dall’altra parte hanno aperto le porte a tutti i prodotti cinesi in Europa. La popolazione attiva europea guadagna sempre meno. Il vero obiettivo è quello di distruggere l’Europa.
D: Pensa che la riunione del Bilderberg a St. Moritz abbia un valore simbolico? Perché nel 2009 erano in Grecia, nel 2010 in Spagna e guardi cosa è successo loro. Può significare che la Svizzera dovrà subire qualcosa di brutto?
R: Sì. La Svizzera, per loro, è uno dei paesi più importanti, perché vi sono immensi capitali. Si riuniscono in Svizzera anche perchè vogliono distruggere ciò che questa terra rappresenta. Capisca che è un ostacolo per loro, non essendo nella UE o nell’euro, non del tutto controllata da Bruxelles e così via. Per quanto riguarda i “valori” non sto parlando delle grandi banche svizzere, perchè non hanno più niente di svizzero, la maggior parte di esse sono guidate da americani. Sto parlando, invece, del vero spirito svizzero a cui la gente comune tiene.
Certo che l’incontro ha e ha avuto un valore simbolico. Il loro scopo è quello di essere una specie di club elitario esclusivo che gestisce tutto il potere, mentre quelli sotto di loro, appassiscono.
D: Pensa che lo scopo del Bilderberg sia quello di creare una sorta di dittatura globale, controllata dalle grandi imprese globali, dove non esisteranno più gli stati sovrani?
R: Sì, la Svizzera è l’unico posto in cui vige ancora la democrazia diretta e lo stato si trova nel mirino di questi gruppi elitari (proprio perchè non è completamente asservito ad essi). Utilizzano il ricatto del “too big to fail”, come nel caso di UBS per far aumentare il debito del nostro paese, proprio come hanno fatto con molti altri paesi. Quello che si deduce è che forse si vuole fare con la Svizzera quello che è stato fatto con l’Islanda, in cui sia banche che paese erano in bancarotta.
D: Anche l’UE è sotto queste influenze negative?
R: Certo. L’Unione europea è sotto la morsa del Bilderberg.
D: Come pensa che si potrebbe fermare questo piano?
R: Beh, questa è la ragione per cui mi rivolgo a voi. La verità. La verità è l’unica strada. Fare luce sulla situazione, esporli ai riflettori. A loro non piace molto essere al centro dell’attenzione. Dobbiamo creare trasparenza nel settore bancario e in tutti i livelli della società.
D: Quello che sta dicendo ora, è che c’è un lato sano del business delle banche svizzere, mentre ci sono delle “mele marce”, cioè alcune grosse banche che fanno cattivo uso del sistema finanziario, per portare a termine le loro attivitù illegali.
R: Sì. Le grandi banche formano il loro personale con i valori anglo-sassoni. Li formano ad essere avidi e spietati. Avidità e spietatezza che stanno distruggendo la Svizzera e tutti gli altri paesi europei e mondiali. Come paese abbiamo, se si guardano le banche piccole e medie, la maggior correttezza finanziaria al mondo. Sono le banche grandi che operano a livello mondiale che sono fonte di problemi. Esse non sono più svizzere e non si considerano tali.
D: Pensi che sia una buona cosa che la gente stia esponendo il Bilderberg e mostrando chi siano veramente i suoi componenti?
R: Il caso Strauss-Kahn dimostra quanto queste persone siano corrotte, mentalmente instabili, sature di vizi, vizi che vengono tenuti nascosti dagli ordini a cui appartengono. Alcuni di loro come Strauss-Kahn stuprano le donne, altri praticano il sado maso, altri ancora si dedicano alla pedofilia, molti si appassionano al satanismo. Quando andate in alcune banche potete vedere chiaramente questi simboli satanisti, come nella Banca dei Rothschild a Zurigo. Queste persone vengono controllate tramite il ricatto data la loro debolezza mentale. Devono seguire ordini o saranno svergognati pubblicamente, distrutti o addirittura uccisi.
D: Da quando Ackermann è nel comitato direttivo del Bilderberg, pensa che abbia preso delle decisioni importanti?
R: Sì. Ma ce ne sono molti altri, come Lagarde, che probabilmente sarà il prossimo capo del FMI, ed è anche un membro del Bilderberg, poi Sarkozy e Obama. Hanno un nuovo piano per censurare Internet, perché Internet è ancora libero. Vogliono controllare e usare il terrorismo per creare il motivo. Potrebbero anche inventarsi qualcosa di orribile per avere la scusa.
D: Quindi è questa la sua paura?
A: Non è solo paura, ne sono certo. Come ho detto, hanno dato l’ordine di uccidere, sono quindi in grado di compiere azioni terribili. Se avessero la sensazione che stanno per perdere il controllo, come nelle rivolte in Grecia e in Spagna, con l’Italia che probabilmente sarà la prossima, allora faranno un altro Gladio. Ero vicino alla rete Gladio. Come sapete istigarono il terrorismo pagandolo con soldi americani per controllare il sistema politico in Italia e in altri paesi europei. Per quanto riguarda l’assassinio di Aldo Moro, il pagamento è stato fatto attraverso lo stesso sistema come ti ho detto su.
D: Ackermann faceva parte di questo sistema di pagamenti?
A: (Sorriso) … E’ lei il giornalista. Guardì come la sua carriera è arrivata rapidamente alla cima.
D: Cosa pensa si possa fare per impedirglielo?
R: Beh ci sono molti buoni libri là fuori che spiegano il contesto e fanno chiarezza sull’argomento, come quello che ho citato di Perkins. Queste persone hanno veramente sicari che vengono pagati per uccidere. Alcuni di loro ricevono i soldi attraverso le banche svizzere. Ma non solo, hanno un sistema capillarizzato in tutto il mondo. Per evitare che esso venga scoperto sono addestrate a fare di tutto. Quando dico di tutto intendo tutto proprio.
D: Attraverso l’informazione si potrebbero sgominare?
R: Sì, bisogna dire la verità. Siamo di fronte a criminali davvero spietati, compresi grandi criminali di guerra. Sono pronti e in grado di uccidere milioni di persone solo per restare al potere e avere il controllo.
D: Può spiegarci dal suo punto di vista, perché i mass media in Occidente se ne stanno più o meno completamente in silenzio per quanto riguarda il gruppo Bilderberg?
R: Perche’ esiste un accordo tra loro e i proprietari dei mezzi di comunicazione. Alle riunioni vengono invitate anche alcune personalità di spicco del mondo dei media, ma viene detto loro di non riferire nulla di ciò che vedono o sentono.
D: Nella struttura del Bilderberg, vi è una cerchia interna che conosce i piani e poi c’è una maggioranza che segue solo gli ordini?
R: Sì. Hai la cerchia interna dedita al satanismo ci sono poi le persone ingenue o meno informate. Alcuni addirittura pensano di fare qualcosa di buono, nella cerchia esterna.
D: Secondo i documenti esposti e le stesse dichiarazioni, il Bilderberg ha deciso nel 1955 di creare l’Unione europea e l’Euro, quindi hanno preso importanti decisioni.
R: Sì e deve sapere che il Bilderberg è stato fondato dal principe Bernardo, ex membro delle SS e del partito nazista lavoro infine anche per la IG Farben, che era una sussidiaria della Cyclone B. L’altro tipo che ha fondato il gruppo era a capo della Occidental Petroleum, che aveva stretti rapporti con i comunisti dell’Unione Sovietica. Lavorarono per entrambe le parti, in realtà, però, queste persone sono fascisti che vogliono controllare tutto e tutti quelli che si frappongono sulla loro strada vengono “rimossi”.
D: Come fanno a mantenere queste operazioni fuori del sistema internazionale Swift?
R: Beh, alcune delle liste Clearstream erano vere in pricipio. Inserirono solo dei nomi falsi per far credere alla gente che l’intero elenco fosse falso. Anchehttp://www.blogger.com/img/blank.gif loro fanno degli errori. Il primo elenco era vero e si possono estrapolare un sacco di cose. Vedete, ci sono delle phttp://www.blogger.com/img/blank.gifersone in giro che scoprono le irregolarità e poi trasmettono agli altri la verità. Verranno poi ovviamente costituiti http://www.blogger.com/img/blank.gifdisegni di legge che ridurranno al silenzio questo genere di persone. Il miglior modo per fermarli è quello di dire la verità, portando alla luce le loro malefatte. Se non riusciamo a fermarli diventeremo i loro schiavi.
D: Grazie per questa intervista.

Fonte

da: http://www.nocensura.com

Scie chimiche : 10 prove sull'esistenza delle scie chimiche




Per l'11 settembre Paolo Attivissimo sosteneva che "tutte le risposte alle domande dei complottisti sono già state date, e che non esistono misteri da rivelare". Naturalmente, le "domande" se le preparava lui, per cui gli veniva molto facile avere ragione finchè parlava davanti allo specchio. Quando invece lo abbiamo messo di fronte alle vere domande sull'11 settembre, in diretta radiofonica, la sua sicumera si è squagliata come neve al sole, e le famose "risposte" che dovrebbero esistere siamo ancora tutti qui ad aspettarle.

Con le scie chimiche sta accadendo la stessa cosa: il CICAP afferma che "ad oggi non si ha alcuna evidenza che possa supportare l'ipotesi dell'esistenza delle scie chimiche", mentre Attivissimo continua a ripetere che, anche in questo caso, tutte le risposte sulle "presunte scie chimiche" sono già state date. Si accodano come papere da cortile tutti i "giornalettismi" nazionali, dall'eccelso Focus fino al più oscuro dei blog negazionisti.

Dimostreremo quindi, anche in questo caso, che le risposte alle vere domande non sono mai state date, e che i debunkers mentono spudoratamente, ...

... quando cercano di negare un fenomeno che persino un bambino di 10 anni oggi è in grado di riconoscere.

Già che ci siamo ne approfittiamo per tornare ad evidenziare il classico arsenale di trucchetti da baraccone utilizzati dai debunkers, ai quali si aggiunge l'uso ripetuto di una regola molto particolare: "se non riesci a nascondere un problema, capovolgilo a tuo favore".

Non solo devi saperti arrampicare sugli specchi, per meritarti i galloni del CICAP, ma devi anche saperti divincolare al momento giusto, se vuoi riuscire a cadere in piedi.

Venghino Signori, lo spettacolo va ad iniziare!

Massimo Mazzucco

Vai alla scheda “10 prove dell’esistenza delle scie chimiche”

fonte: www.luogocomune.net

lunedì 2 gennaio 2012

2012: Nel segno delle profezie?

Fino a ieri il 2012 sembrava una data lontana nel futuro, che prima o poi sarebbe arrivata “ma che per ora non ce ne dobbiamo preoccupare”.

Ora invece ci siamo dentro, e persino il più scettico dei materialisti non può ignorare la fatidica domanda che aleggia silenziosa un pò dappertutto: “Che cosa succederà nei prossimi dodici mesi?” “Ci saranno cataclismi, terremoti e devastazioni terrificanti?” “Esisterà l’umanità all’alba del prossimo anno, o verremo tutti spazzati via come moscerini insignificanti?” “E se qualcuno riuscisse a salvarsi, come farà a sopravvivere?” “Quanti di noi resteranno, e come verranno scelti i dannati e gli eletti?”

A questo punto la nostra mente viene travolta da una marea inarrestabile di immagini, che vanno dal “diluvio universale” della Bibbia ai lampi di Zeus del Monte Olimpo, dalla battaglia dei Vimana nei cieli di Vishnu alle trombe del giudizio nell’Apocalisse di Giovanni. A queste si sovrappongono le immagini dei mille film e telefilm “catastrofici”, sempre più difficili da distinguere dai veri tsunami e terremoti che vediamo in TV, e il tutto finisce in un unico calderone iconografico che mescola sempre più volentieri la storia con la fantascienza, il mito con la realtà, la profezia con l’invenzione, il sacro con il profano.

Nell’affrontare quindi la “questione 2012” bisogna prima di tutto tornare a separare gli elementi originali su cui è basata dai mille strati aggiuntivi che le si sono sovrapposti.

Al centro della questione sta la cosiddetta ”Profezia Maya”, che secondo la “versione comunemente accettata” preannuncia la fine del mondo per il 21 dicembre 2012.

In realtà questa “profezia” non nasce già nella sua forma attuale, ma risulta dall’interpretazione congiunta delle pochissime fonti …

… sopravvissute alla furia dei Conquistadores di Hernando Cortès e dei preti cattolici al suo seguito. I primi si occuparono di decimare la popolazione locale con un genocidio sistematico, i secondi cercavano di distruggere ogni traccia della loro tradizione culturale, per rimpiazzarla con i valori e con i simboli del cristianesimo. (Proprio in Messico si trova una chiesa cattolica che è costruita fisicamente sulle rovine di un tempio Maya. E non è l’unico caso al mondo).

Fra i pochi documenti che si salvarono i più importanti sono il “Codice di Dresda”, il libro sacro dei “Popol Vuh” e i libri di "Chilam-Balam” (che significa “Il Profeta Balam”).

Il Codice di Dresda ci ha permesso di conoscere il famoso calendario Maya, che termina con la data del 21 dicembre 2012. Il libro dei Popol Vuh contiene le varie leggende mitologiche che compongono la cosmogenesi e l’antropogenesi della tradizione Maya. Calendario e tradizione sono legati in modo indissolubile, in quanto il primo rappresenta la “struttura meccanica”, ovvero l’ossatura temporale, con la quale i concetti espressi dal libro sacro si concretizzano nel mondo materiale. Per i Maya la storia si ripete secondo cicli periodici, identici a sè stessi, che durano circa 5.000 anni. All’interno di ciascun ciclo l’umanità compie un percorso evolutivo completo. Secondo questo calendario noi ci troviamo nella fase conclusiva del ciclo attuale, che è iniziata intorno al 3000 avanti Cristo, è che si concluderà il 21 dicembre 2012.

Ma è solo introducendo il libro di Chilam-Balam, che contiene una lunga serie di profezie, che si arriva al leggere quella data nei termini catastrofici della “fine del mondo.”

Le profezie di Chilam-Balam, che ricordano da vicino le quartine di Nostradamus, sono associate a precisi cicli temporali di 20 anni ciascuno, chiamati katun. Per l’ultimo katun di questo ciclo (cioè gli anni dal 1993 al 2012) Chilam-Balam prevede un periodo oscuro caratterizzato da scontri violenti fra forze antagonistiche di enorme magnitudine.

Ma è la nostra visione lineare del tempo, che scorre in una sola direzione - dal “passato” al “futuro” - che ci porta ad interpretare questo genere di conflitto come qualcosa di definitivo e irreversibile.

La nostra visione escatologica dell’esistenza – che fu introdotta proprio dal cristianesimo – ci insegna che veniamo al mondo una volta sola, e che dopo la morte ci attende il giudizio divino, la cui sentenza sarà inappellabile. Non ci sono i tempi supplementari, e non c’è nessun girone di ritorno. E persino il più ”ateo” dei materialisti risente in ogni caso di questa concezione temporale, nel momento in cui dichiara che non ci sia nulla “prima” della nascita e che nel nulla più assoluto si debba tornare “dopo” la morte.

Se invece si considera la visione circolare (ciclica) del tempo – che i Maya condividono sia con gli altri nativi americani che con tutte le tradizioni spirituali dell’Oriente – qualunque scadenza di tipo cosmico diventa solo un punto particolare all’interno di un sistema di punti equivalenti ed equidistanti dal centro, dove non è più possibile stabilire una gerarchia di tipo temporale.

Il periodo che stiamo attraversando ora, secondo i Maya, rappresenta semplicemente la fase di transizione fra la fine di un ciclo e l’inizio di quello nuovo. Ma questa fase non avviene necessariamente “prima” del nuovo inizio, in ordine temporale. Appare a noi come un “prima” perchè la viviamo dal suo interno, ma guardando dal centro della ruota ogni punto della circonferenza esiste nello stesso momento. E’ l’umanità che si sposta da un punto all’altro della ruota, ricavandone la sensazione di “muoversi nel tempo”.

E’ un pò come la storia dei film d’avventura. Se guardi la vicenda dal punto di vista del protagonista, gli eventi si susseguono secondo un preciso ordine temporale, nel quale lui conosce solo quello che è successo fino a quel momento, ma non può conoscere nulla di quello che ancora deve accadere.

Se però togliamo la pellicola dal proiettore e la teniamo fra le mani, noi possiamo vedere contemporaneamente sia l’inizio che la fine di quel film, ed anche qualunque altro punto della storia. In altre parole, quella storia “esiste già” tutta, dall’inizio alla fine, nei fotogrammi che sono impressi sulla pellicola. Ma solo mettendo in moto il proiettore la storia – e quindi il “tempo” – iniziano a scorrere per chi li vive dal suo interno (Et lux fuit). E quando il film è finito il proiezionista ricarica la pellicola daccapo, e la storia ricomincia.

C’è un secondo aspetto, altrettanto importante, del pensiero occidentale che ci rende difficile valutare correttamente le profezie, ed è quello che noi chiamiamo il “meccanismo causa-effetto”.

Poiché noi siamo abituati a concepire il tempo in forma lineare, ci viene automatico considerare qualunque evento come diretta conseguenza di un evento che l’ha preceduto. La storia non può andare dal punto A al punto B della linea temporale se non avviene qualche cosa che la faccia muovere da A a B.

Ecco perchè per noi una qualunque profezia viene considerata alla stregua di una banale visita dall’indovino: “Domani vincerai al totocalcio”, oppure “stai per incontrare la donna dei tuoi sogni”, sono frasi a cui si attribuisce la stessa credibilità di “Verrà un dittatore con l’aquila sul petto” pronunciata da Nostradamus. In base alla concezione causalistica della realtà, qualunque descrizione di un evento futuro non potrà mai avere un reale fondamento scientifico, per cui l’avverarsi di tale evento viene lasciato esclusivamente al caso. Se imbrocchi ci fai un figurone, se sbagli è meglio che tu ti vada a nascondere, ma tutto finisce lì in ogni caso.

Per gli orientali invece il meccanismo causa-effetto ha una importanza molto relativa. Come scrive Jung nella sua introduzione al libro dell’ “I-King” - che è forse il più importante libro di “profezie“ nella storia dell’umanità – “La nostra scienza è basata sulla causalità, e quest’ultima è considerata una verità assiomatica. I cinesi invece sembrano poco interessati alla spiegazione causale degli eventi, poichè questi debbono essere nettamente separati fra di loro prima di poter essere trattati in modo appropriato. Per i cinesi invece l’istante che sta sotto osservazione sembra essere più che altro la configurazione che gli eventi accidentali vengono a formare in quel momento. Mentre la mentalità occidentale accuratamente separa, pesa, sceglie, classifica, isola ecc., l’immagine cinese del momento contiene ogni particolare fino al più minuto assurdo dettaglio, poiché l’istante osservato è il totale di tutti gli ingredienti. […] Questa assunzione implica un certo strano principio che io ho nominato sincronicità, concetto che si pone da un punto di vista diametralmente opposto alla causalità. Il punto di vista causale ci narra la storia precisa in cui giunse all’esistenza D, che prese origine da C, il quale aveva avuto un padre che si chiamava B, il quale veniva da A, ecc.. La visione sincronistica invece tenta di produrre un quadro altrettanto significativo della coincidenza: come accade che A,B,C e D compaiono tutti nel medesimo momento e al medesimo posto?” (In realtà, la stessa scienza occidentale stava elaborando in quel periodo i principi della fisica quantistica, che avrebbe introdotto una visione della realtà di tipo probabilistico, molto simile a quella descritta da Jung con il termine di sincronicità).

Tutto questo non significa che la cultura orientale neghi in assoluto il rapporto causa-effetto. Chiunque veda il bicchiere che cade dopo che qualcuno l’ha urtato può solo concludere che la prima azione sia stata causata dalla seconda. Ma per gli orientali il rapporto causa-effetto si limita alle concatenazioni più immediate, e resta localizzato agli eventi specifici, mentre nella visione complessiva della realtà subentra la variabile probabilistica, e il meccanismo causa-effetto cessa di avere la sua importanza.

E’ quindi evidente che una qualunque profezia venga ad assumere un valenza molto diversa, se considerata nell’ottica orientale di un tempo ciclico e non lineare.

Se non esistono necessariamente un “prima” e un “dopo”, la profezia non può identificare un evento che avvenga una volta sola in un punto preciso della linea temporale, ma diventa una specie di chiave universale per riconoscere eventi che si ripetono ciclicamente nella storia, e che prendono ogni volta aspetti diversi, pur mantenendosi identici nella sostanza.

Sono gli archetipi, quei meccanismi universali come “La difficoltà”, “Il ritorno, “La sconfitta”, “Il procedere” che l’ I-KING presenta infatti come chiavi di lettura da applicare ad ogni singolo evento materiale.

Tutti i film d’avventura sono diversi uno dall’altro, ma in ogni film d’avventura ci saranno sempre un eroe protagonista (l’identificazione), un episodio che lo trascina nella vicenda (la partenza), un antagonista che lo ostacola lungo il percorso (il confronto), e un duello finale che lo libera dall’antagonista (il prevalere) e gli permette di risolvere il problema iniziale (la pacificazione).

Quindi, quando noi al cinema diciamo “vedrai che adesso quello muore” non stiamo “tirando a indovinare”, ma stiamo applicando gli archetipi narrativi che già conosciamo al film specifico che stiamo guardando.

Se ora proviamo ad applicare questi concetti alla Profezia Maya tutto di colpo ci appare più sensato. Chilam-Balam non ci sta dicendo che ci sarà un terremoto di magnitudine sette virgola cinque il 4 agosto alle 15.30, ma ci sta presentando una dinamica universale, nella quale le forze in gioco hanno ormai raggiunto la massima potenza, per cui solo uno scontro a tutto campo fra di loro potrà creare le condizioni per il cambiamento radicale che caratterizza l’alba di un nuovo ciclo.

Dopodichè sta a ciascuno di noi leggere la profezia come preferisce, sia nell’identificare le forze che stanno per scontrarsi, sia nel decidere i colori che vuole dare al nuovo giorno.

Non dimentichiamo però che nella sincronicità orientale – esattamente come nella fisica quantistica – l’osservatore è un elemento di primaria importanza per il risultato conclusivo. Nessuno può illudersi di mettersi semplicemente alla finestra e stare a guardare quello che succede.

Anzi, sono proprio quelli che sceglieranno di non fare nulla che rischiano di influire più di tutti sulle dinamiche e sull’esito finale di questo cambiamento. Ogni volta che accettiamo una bugia invece di ribellarci, ogni volta che scegliamo il compromesso invece di rifiutare, ogni volta che tacciamo quando dovremmo parlare, noi aggiungiamo una molecola sul quel lato della bilancia che si oppone al cambiamento, rischiando di rendere molto più violento e più brutale il ribaltamento, che è comunque inevitabile.

Nell’ultima pagina del Codice di Dresda, alla scadenza esatta del calendario Maya, compare la figura di una dea che riversa enormi quantità di acqua sulla terra, e sembra voler annegare tutti gli esseri viventi sulla sua superficie.

Ma c’è anche una profezia degli Hopi che dice: “Questo è un momento meraviglioso. C’è un fiume che scorre molto veloce. É così rapido e travolgente che molti avranno paura, e cercheranno di aggrapparsi alla riva. In questo modo si renderanno conto di venire straziati e soffriranno enormemente. Sappiate che il fiume ha la sua destinazione. Gli anziani dicono di staccarci dalla riva e di raggiungere il centro del fiume, tenendo gli occhi aperti e la testa fuori dall’acqua. Ora guardatevi intorno, e vedete chi è rimasto con voi a celebrare”.

E Robert Kennedy – certamente un “profeta” a modo suo – aveva scritto: “Ogni volta che una persona si batte per un’idea, agisce nell’intento di migliorare la situazione degli altri, o si scaglia contro un’ingiustizia, mette un moto sottili rivoli di speranza che vanno a formare una corrente in grado di travolgere il più poderoso muro di oppressione e di resistenza”.

Forse quel fiume siamo tutti noi.

Massimo Mazzucco

fonte: www.luogocomune.net