venerdì 30 aprile 2010

PeaceReporter - Prescrizione, una legge razzista

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Le Carte degli Illuminati - “Illuminati Card Game”

Si parla spesso in rete di un particolare gioco di carte, chiamato “Illuminati Card Game”, che appartiene ad una vasta serie di giochi basati sulle diverse teorie che riguardano gli Illuminati, i poteri occulti e il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale. (*)

Ciò che rende questo gioco interessante è la presenza di molte carte che descrivono con anticipo (“Illuminati Card Game” è del 1994) eventi di portata mondiale che sono poi realmente accaduti.

Fra questi spiccano soprattutto la distruzione del Pentagono e delle Torri Gemelle, la cui rappresentazione grafica sembra addirittura ricalcata da una fotografia del fatto reale, avvenuto nel 2001.

Altre sorprendenti “coincidenze“ sono, ad esempio, la pandemia con tanto di “quarantena", la “manipolazione dei mercati finanziari”, oppure “l’esplosione del vulcano”, che ci ricordano da vicino eventi accaduti di recente.

Ci sono poi immagini più generiche, come la “riduzione della popolazione“, …

… o la “riscrittura della storia“, che corrispondono sicuramente ai sogni più o meno nascosti degli Illuminati del “Nuovo Ordine Mondiale”.



Il fatto che questo set di carte sia stato effettivamente pubblicato nel ’94 sembra fuori discussione, in quanto il gioco è talmente diffuso che se certe carte non comparissero nel mazzo originale, ma fossero state aggiunte dopo, qualcuno lo avrebbe sicuramente denunciato.

Siamo quindi di fronte ad un curioso minestrone di progetti attribuiti al “Nuovo Ordine Mondiale” - alcuni specifici, altri generici, alcuni realizzati e altri no - che di certo non può essere spiegato con una semplice serie di coincidenze.

Fra le varie possibilità, la spiegazione più probabile è che il creatore del gioco, Steve Jackson, abbia ricevuto informazioni riservate da qualcuno che era a conoscenza diretta dei progetti che circolavano nell’ambito del “Nuovo Ordine Mondiale”.

E’ possibile che Jackson sia stato usato come “altoparlante inconsapevole“, a cui vengono passate informazioni da diffondere, in modo apparentemente triviale, con l’intento di rafforzare la pubblica percezione del potere degli Illuminati. Oppure potrebbe appartenere lui stesso al NWO, oppure ancora può essere una persona che cerca solo di sfruttare commercialmente certe informazioni di cui in qualche modo è venuto in possesso. In fondo, la Steve Jackson Games dichiara un reddito lordo annuo superiore ai 2 milioni e mezzo di dollari.

Il caso di Jackson ricorda da vicino quello di certi libri “fortunati”, come ad esempio “Il Candidato Manciuriano”, che hanno saputo descrivere in anticipo vicende che si sono poi realizzate nella realtà.

Vi sono anche autori dotati di intuito particolare, che percepiscono in anticipo certe onde di “sentire collettivo”, come ad esempio “Il Nome della Rosa”, oppure il “Codice da Vinci”, sfruttando al meglio il nascente interesse popolare per certi argomenti “occulti” - o comunque occultati. In certi casi diventa addirittura difficile capire quanta informazione originale esista fra le righe di un libro, e quanta invece sia il riflesso di quel sentire collettivo, introdotto - consciamente o inconsciamente – dallo stesso autore nelle sue pagine.

In realtà, a ben guardare, le carte degli Illuminati non rappresentano nulla di stupefacente, se non l’eventuale conferma che ciò che accade nel mondo sia spesso il risultato di una precisa volontà di un ristretto gruppo di persone. Il primo attentato al World Trade Center risale al 1993, indicando che un progetto di un attentato con esplosivi alle Torri Gemelle dovesse essere in circolazione almeno da quella data (che precede l’uscita del gioco di carte).

Vi è anche una possibilità più remota, più difficile però da sostentare in modo analitico: che l’autore non riceva affatto informazioni esterne, ma che sia dotato di particolari “poteri di preveggenza“, che gli permetterebbero di visualizzare in anticipo eventi che poi accadono nella realtà. A sua volta, si potrebbe teorizzare che questo tipo di preveggenza consista nella capacità di accedere ad un insieme di archetipi, che esisterebbero fuori della nostra dimensione spazio-temporale, i quali vengono ad assumere le forme specifiche degli eventi che poi accadono nel nostro tempo. In questa ottica si può anche spiegare un fenomeno come quello di Nostradamus, le cui quartine, più che anticipare eventi specifici, sembrano rappresentare archetipi universali, sufficientemente dettagliati però da poterli applicare in seguito a certi fatti realmente avvenuti.

Qui però dobbiamo fermarci, perchè stiamo entrando in un territorio assolutamente ipotetico, che non ci permette di utilizzare il metodo analitico, e ci offre risposte che possono avere al massimo un valore individuale.

Di certo possiamo affermare una cosa: man mano che procede il cammino dell’umanità, scopriamo che è sempre più grande il numero di cose che non conosciamo rispetto a quelle che conosciamo. E questo è già un notevole passo in avanti, volendo, che ci possa almeno liberare da quell’ignoranza, travestita da falso sapere, che ci offusca costantemente la vista.

fonte: www.luogocomune.net
Massimo Mazzucco

mercoledì 28 aprile 2010

Il Fantasma di Eyjafjallajökull Che fine ha fatto la nube vulcanica?





Il vulcano Eyjafjallajokull. Da qualche settimana assistiamo in TV alle spettacolari ed inquietanti immagini del vulcano islandese, che erutta ancor oggi liberando fin oltre la tropopausa (1) una grossa e minacciosa nube.
Minacciosa, certo. Per la salute degli islandesi e per i motori degli aerei di linea.
Così, pochi giorni dopo l'inizio dell'esplosione, la Gran Bretagna pensava bene di chiudere il suo spazio aereo inficiato dall'oscura nube.

Eurocontrol, l'ente europeo responsabile del flusso di traffico aereo, emetteva un'informativa SIGMET con tanto di cartografia ove specificava le tre categorie di zone a rischio: no fly (voli proibiti), conditional (voli ammessi a discrezione del comandante), no restriction (voli permessi).
E allora uno dopo l'altro ogni paese europeo, Italia inclusa, chiudeva il suo spazio aereo a garanzia della sicurezza.

E allora? Tutto corretto, no?
Andando un pò, soltanto un pò a fondo nella questione ci si accorge che qualcosa, come sempre, non torna.
La polvere vulcanica fonde intorno alle temperature di 1100 gradi centigradi e si attacca alle pareti interne della camera di combustione e sul cono di espulsione dei motori, incrementandone oltre i limiti le temperature.
Inoltre corrode e danneggia le pale di compressori e turbine, provocando finanche lo stallo del motore, ma anche le superfici di ali e coda, riducendo la quantità di portanza sviluppata. I finestrini poi si opacizzano, impedendo la visione all'atterraggio, ed i freni diventano meno efficienti.
Drammatico direi!

Ma ci riferiamo ad una nube che, appena fuoriuscita dall'esplosione, contiene particelle nell'ordine di millimetri cubici, cioè di entità tale da provocare quanto sopra. Queste particelle poi, nella misura in cui le correnti ascensionali non sono più sufficienti a mantenerle in sospensione, ricadono al suolo. Le altre, via via più piccole fin sotto il micron, restano sospese e potrebbero essere trasportate dalle correnti a getto (venti d'alta quota) anche per centinaia di chilometri.

Bene: secondo le carte pubblicate da Eurocontrol, le zone a rischio si estenderebbero dall'Islanda fino alla Russia ma anche dall'Islanda fino all'America Centrale!
Capito bene?
In altre parole, le correnti a getto, correnti che spirano da Ovest, avrebbero trasportato le nanoparticelle implicate verso Est fino a svariate migliaia di chilometri MA in qualche modo le stesse sarebbero anche state sospinte controcorrente fino al Portorico!
Questa "curiosa" teoria non è mai stata verificata né avallata da analisi scientifiche dell'aria, effettuate da alcuno degli stati che avevano chiuso il proprio spazio aereo, e neppure da alcun avvistamento da parte di piloti. Puramente una teoria che, per qualche ragione, è apparsa a tutti ragionevole.

Ma perché soltanto oggi appare tale?
Perché per decine d'anni si è volato sull'aeroporto di Catania, con l'Etna attivo e la quotidiana nube traversale alle rotte di volo, soltanto evitandola "a vista" e soltanto di qualche decina di chilometri? Il pilota sa bene che già a tale distanza, ove non è più visibile, la nube si è talmente rarefatta da non rappresentare più un pericolo "tecnico" per l'aeromobile.
Semmai le nanoparticelle invisibili potrebbero porre un problema "medico", per la salute di chi all'interno dell'aereo le respira, essendo queste in grado di permeare la membrana cellulare e addirittura interferire col DNA: proprio come quelle emesse dai NON pericolosi inceneritori, no scusate, termovalorizzatori.

Ma questo vale anche e soprattutto di chi, nei pressi del vulcano, ci trascorre l'intera sua vita.
Ed ecco che, qualche giorno fa, la BBC intervista un responsabile di Eurocontrol, il quale con assoluta serenità afferma che effettivamente "il computer" avrebbe fornito dei dati errati, delle proiezioni eccessive sulle aree a rischio.
E così oggi la nube è divenuta un fantasma. Prima c'era, ora non c'è più, domani magari ci sarà ancora.
Nessun media più se ne interessa.

E come la SARS , l'aviaria, la suina, l'antrace, le armi di distruzione di massa irachene, l'incrociatore americano mai affondato dai vietcong, il Lusitania attaccato dai tedeschi, Pearl Harbor dai Giapponesi, le Torri Gemelle da chissà chi e via dicendo, anche la nube fantasma passerà in cavalleria, in attesa di essere riesumata e scenograficamente rivestita per la sua prossima missione: la creazione di un problema per la cui reazione popolare indotta già qualcuno avrà sùbito in mano la perfetta soluzione.

Ma cosa è avvenuto nel frattempo?
In una settimana di cancellazioni a tappeto e MILIONI di passeggeri e merci a terra, il mercato globale si è arrestato ed è già a rischio di tracollo: per i pezzi di ricambio non consegnati, l'industria automobilistica BMW è a rischio fallimento, così come lo sono migliaia di altre industrie, oltreché compagnie aeree, Alitalia-CAE in primis.

Cui prodest: a chi giova tutto ciò? Ci sono ancora dubbi?
Ai soliti noti, le eminenze grigie che controllano stati come la Gran Bretagna e quindi il mondo intero, attraverso le loro reti finanziario-politico-militar-sanitario-universitario-massoniche, che avranno a disposizione nuove migliaia di imprese insolventi da acquisire per una pipa di tabacco, nonché milioni di nuovi poveri da inserire nel novero dei loro schiavi, distratti dai propri problemi quotidiani di sopravvivenza.

Che sia stata un'operazione finanziaria, un'esercitazione militare di portata sovranazionale o una manovra occulta d'altro tipo, è di certo qualcosa che comunque noi popolo non avevamo chiesto, votato o approvato, e di cui senza dubbio abbiamo assistito inermi all'ennesima manipolazione mediatica, nonostante ci sforziamo di sedare l'intima voce dell'intuizione in noi che ci pungola alla diffidenza.
Chi può, comprenda. Chi ancora riesce ad avere il tempo e la salute per farlo, discerna ciò che gli viene offerto in pasto dall'establishment mediatico e politico.
Se si vuol essere pecore, disinteressandosene, oppure struzzi, tenendo la testa sotto la sabbia e le chiappe esposte perché si è compreso ma non si ha il coraggio di alzare la testa, si prenda coscienza che presto la testa non la si potrà più alzare, poiché se si accetteranno determinate restrizioni prossime venture non si avrà più la possibilità di replica, di dissenso come ancora esiste oggi.

Quel giorno, a causa di tutte le nostre paure avremo ceduto la nostra autonomia, di azione ma anche di pensiero e sentimento: libertà sarà per noi essere finalmente controllati, perciò al sicuro!
E senza neppure rendersene conto si avrà già il collare addosso, un chip a radiofrequenze sotto pelle come già oggi hanno cani e qualche star hollywoodiana, collegato al Golem, il messia elettronico, senza il cui marchio "non si potrà nè vendere nè comprare" (l'Apocalisse).

Ed il bello è che saremo stati noi, proprio noi, spaventati, lobotomizzati e malati, ad averlo chiesto!

(1) Tropopausa: è lo strato di atmosfera che separa la troposfera dalla stratosfera, in cui avvengono i fenomeni meteorologici. Si trova ad una quota media di circa 12 km e il suo spessore è variabile.

fonte: www.disinformazione.it

11 settembre: Alex Jones nella trappola dei debunkers?



In un articolo intitolato “Notizia bomba! L’11 di settembre Silverstein voleva demolire il Building 7”, Paul Joseph Watson di Prisonplanet denuncia quella che sarebbe stata una svista, da parte del giornalista della FOX Jeffrey Shapiro, che conferma la demolizione controllata del WTC7. Il passaggio incriminato di Shapiro, il cui articolo era diretto contro Jesse Ventura (che appoggia il Movimento 9/11), è la sua dichiarazione che “quel giorno Silverstein era al telefono con la compagnia di assicurazione, per convincerli a demolire l’edificio ormai pericolante”. Questo costituisce, secondo Alex Jones, la conferma del reale significato della famosa frase “pull it” di Silverstein, e conferma quindi l’intento effettivo da parte sua di demolire il WTC7.

Nella prefazione all’articolo, Alex Jones si domanda “… come poteva Silverstein pensare di demolire in modo sicuro l’edificio, quando la procedura richiede settimane o persino mesi per essere preparata in modo adeguato, anche senza il caos aggiuntivo che circondava l’edificio 7 l’11 di settembre? Come si sarebbero potuti collocare esplosivi in modo adeguato in un tempo così breve, all’interno di un edificio in fiamme che era già stato evacuato, a meno che gli esplosivi non fossero stati collocati in precedenza? Questa nuova rivelazione stupefacente richiede una indagine immediata”.

Segue l’articolo di Watson, ...

... di cui traduciamo i passaggi più importanti:

“Il pezzo della Fox contro Jesse Ventura e il Movimento per la Verità sul 9/11, scritto dall’ex procuratore di Washington Jeffrey Scott Shapiro, rivela inavvertitamente una verità scioccante, che il concessionario del WTC7 Larry Silverstein, che ha incassato quasi 500 milioni di dollari dall’assicurazione in seguito al crollo dell’edificio 7 - una struttura di 47 piani che non è stata colpita da nessun aereo, ma è crollata in sette secondi l’11 di settembre - era al telefono con il suo assicuratore per cercare di convincerlo che l’edificio andava distrutto con una demolizione controllata.

Nel pezzo per la Fox Jeffrey dichiara: “quel giorno lavoravo come giornalista per Gannett News a Ground Zero, e ricordo chiaramente ciò che ho visto e udito. Poco prima che l’edificio crollasse diversi ufficiali della polizia e dipendenti della Con-Edison mi dissero che Larry Silverstein, il finanziatore di One World Financial Center [un altro edificio nelle vicinanze, n.d.t.], fosse al telefono con il suo assicuratore per cercare di far autorizzare la demolizione controllata dell’edificio [WTC7], poiché le sue fondamenta erano già instabili e si prevedeva che crollasse.

Una demolizione controllata avrebbe ridotto al minimo i danni causati dal crollo imminente dell’edificio e avrebbe potenzialmente salvato delle vite. Molti fra le forze dell’ordine, fra i pompieri e altri giornalisti erano al corrente di questa possibilità. Non c’era alcun segreto. Non c’era nessuna cospirazione”, scrive Shapiro.

Dopodiché l’articolo ricostruisce la nota vicenda del “pull it”, con tutte le dichiarazioni e le smentite che erano conseguite, e conclude sostenendo che questa ultima dichiarazione di Shapiro non faccia che confermare il vero significato di quella frase.

In seguito però – ci spiega Jones nel suo commento radiofonico - l’edificio sarebbe crollato magicamente da solo, evitando ai demolitori di dover intervenire.

Purtroppo l’analisi di Watson/Jones si ferma qui, suggerendo che il duo di Prisonplanet in realtà sia caduto nella stessa trappola che credevano di smascherare.

Sembra infatti evidente che la dichiarazione di Shapiro sulla presunta telefonata di Silverstein all’assicurazione non sia affatto uno “scivolone” dovuto a distrazione, ma un lucido tentativo di fare fronte alla quantità di prove ormai schiacciante che continuano ad emergere a favore della demolizione.

Sostenere invece che la frase "gli sia scappata" significa credere che davvero Silverstein abbia dovuto telefonare all'assicurazione prima di demolire il WTC7. Come se avesse bisogno del loro OK per portare a termine un piano preparato con lunghi mesi di anticipo, e non certo "a livello di assicurazioni".

Che la frase sia tutt'altro che uno scivolone, inoltre, lo si capisce dalla “explicatio non petita” di Shapiro, quando dice “lo sapevano tutti, non c’è nessuna cospirazione”. E' evidente che lo scopo di quella frase sia di rinforzare il concetto che l’edificio fosse “traballante”, condizione necessaria per accettare in qualche modo la tesi del crollo spontaneo. Ci aveva provato anche Attivissimo – in questo molto più lungimirante di Shapiro – a capovolgere a proprio favore la quantità sempre crescente di testimonianze da parte di coloro che “sapevano in anticipo” del crollo imminente.

Peccato che si dimentichino tutti di spiegare come mezzo mondo potesse prevedere quel crollo con un tale anticipo (alcune ore, in certi casi), quando tutti sappiamo, e lo stesso Sunder del NIST ha confermato, che “nessun edificio in acciaio era mai crollato prima a causa del fuoco”.

O è zuppa, o è pan bagnato.

In ogni caso, io continuo a ritenere che la dimostrazione della demolizione controllata del WTC7 stia tutta nella frase di polizia e pompieri “l’edificio sta per esplodere, sta per saltare in aria”, che in inglese non può essere in alcun modo confusa con i termini che verrebbero usati nell’imminenza di un collo spontaneo.

L’ambiguità fra “sta per crollare” (passivamente) e “lo faranno crollare” (con esplosivi) si può mantenere fino ad un certo punto, ma di fronte a quella frase, mandata in onda dalla CNN, persino il “madrelingua” di cui sopra ha dovuto battere in ritirata.

Tutte le altre argomentazioni, compreso quella del “pull it” – e ora questa appendice della telefonata fantasma all’assicuratore - non portano a nulla di utile, poichè sono tutte in qualche modo controargomentabili. Ovviamente, è da stupidi pensare che “poliziotti, pompieri e giornalisti” sapessero tutti con chi fosse al telefono Silverstein, ma ciò non dimostra nulla di utile, mentre si creano delle distrazioni pericolose che, seppur perseguite in buona fede, rischiano solo di allontanarci dalla verità dei fatti.

Conosciamo ormai molto bene il funzionamento della disinformazione, che sa sfruttare al meglio il vantaggio di avere dalla sua tutti i media mainstream. E’ quindi perfettamente inutile cercare l’ennesima “prova” di ciò che non è comunque dimostrabile “oltre il ragionevole dubbio”, per il semplice motivo che ognuno il ragionevole dubbio lo piazza dove gli viene più comodo. E’ invece molto più saggio attestarsi su quei pochi punti, scarni ma indistruttibili, ai quali nessun debunker è mai riuscito a dare una risposta accettabile.

Cito i primi che mi vengono in mente (dove per “dimostrare” si intende la mancanza di una spiegazione alternativa plausibile).

- La frase “the building is about to blow up” dimostra che l’edificio non è crollato per un cedimento spontaneo.

- I resti sparsi in un raggio di 14 Km. dimostrano che United 93 non è caduto intero, ma che è stato distrutto in volo.

- Un Boeing 757/767 non può volare in orizzontale a 900 Km./h. al livello del mare.

- Se AA77 si è presentato di fronte al Pentagono volando raso-erba, non poteva non abbattere e travolgere le reti di recinzione e i rulli di cavo elettrico che si trovavano sul suo percorso.

- Se il foro d’uscita al Pentagono (III anello) è stato causato dalla fusoliera dell’aereo, che sarebbe poi evaporata nel nulla – Popular Mechanics ci dice che si era trasformata in una “palla di fuoco” - non è possibile che siano stati riconosciuti tramite DNA i resti di tutti i passeggeri.

- Un pilota che non abbia mai guidato un jet nella sua vita non può in alcun modo compiere manovre come quelle descritte dai controllori di volo di UA 175 (picchiate “nose down”, risalite estreme, banking a oltre 4G, ecc.). Nemmeno la maggioranza dei piloti normali saprebbe farle.

- L’asserzione di NORAD/FAA che si siano perse le tracce di AA77 da quanto ha invertito la rotta è smentita dalla testimonianza di Mineta su Cheney.

In fondo, basta soltanto una di queste argomentazioni per dimostrare che la versione ufficiale è falsa. Il resto, non sta a noi spiegarlo.

Massimo Mazzucco
fonte: www.luogocomune.net

martedì 27 aprile 2010

LA PANZANA DI TREMONTI

LA PANZANA DI TREMONTI

Come stanno davvero le cose col debito pubblico ?



Milioni di telespettatori hanno potuto ascoltare ieri le dichiarazioni di Tremonti dal vertice in casa Fmi a Washington. Siamo così venuti a sapere una cosa strabiliante, che l'Italia, in quanto a debito pubblico «NON È PIU' LA PECORA NERA», poiché le tabelle del Fondo Monetario Internazionale ci vedrebbero «...messi a fianco della Germania e molto meglio di tanti altri grandi Paesi, Stati Uniti compresi». La qual cosa «.. come governo Berlusconi ci riempie di orgoglio».
«I dati ci dicono che dobbiamo fare almeno come i tedeschi e magari un po' di più, ma sicuramente le manovre che andranno fatte dagli altri Paesi sono molto più grandi e più pesanti per la gente di quelle che dovremmo fare anche noi i prossimi anni. Alla fine quello che conta sono i numeri», ha concluso Tremonti.

I numeri, appunto. Tutto sta a vedere di quali numeri stiamo parlando. Le tabelle citate da Tremonti non sono altro che delle proiezioni, in base alle quali il Fmi prevede la possibilità che il rapporto debito/pil italiano possa, entro il 2030, attestarsi al 60%, ma a condizione di ... "forti aggiustamenti strutturali".

Per cui, la notizia è una non-notizia, anzi un falso, come quello del Tg1 di Minzolini che spacciò la prescrizione per Berlusconi come... assoluzione. Il 2030 è lontano, anzi lontanissimo, e che l'Italia possa dimezzare il suo debito non dipende solo da una serie di "aggiustamenti strutturali", eufemismo per dire tagli sostanziali alla spesa sociale, ma dall'andamento dell'economia reale, non solo italiana, ma mondiale (ovvero dal fatto che il sistema esca dallo stato di depressione).



Intanto le cose stanno come indica la tabella sopra, elaborata da dati Eurostat, che cioè l'Italia, assieme agli altri "Pigs", tra cui il regno Unito, sta messa male, ed anzi rischia di essere travolta da un eventuale contagio del probabile crack greco.

Fonte: http://sollevazione.blogspot.com
Link: http://sollevazione.blogspot.com/2010/04/la-panza-di-tremonti.html#more
25.04.2010

PERCHE’ GLI SQUALI NON DOVREBBERO POSSEDERE LO SPORT

PERCHE’ GLI SQUALI NON DOVREBBERO POSSEDERE LO SPORT

Geopolitica DI JOHN PILGER
johnpilger.com



Una descrizone di come i ricchi e potenti si siano appropriati dello sport e come abbiano snaturato il passatempo del popolo, da Tiger Woods Inc. ai Mondiali di calcio che stanno per aver luogo in Sud Africa. Pilger esamina come la FIFA e i molteplici sponsor hanno invaso il Sud Africa e come i sudafricani sono stati messi da parte in nome della speculazione.

Mentre Tiger Woods fa ritorno al golf, non tutti i suoi “affari” si guadagnano titoli piccanti. A Dubai, la realizzazione della Tiger Woods Golf Course costa 100 milioni di dollari. Dubai si affida a manodopera reclutata nel terzo mondo, così come fanno molti dei marchi che hanno contribuito a rendere Woods miliardario. I lavoratori della Nike hanno scritto a Woods dalla Tailandia, esprimendo il loro “massimo rispetto per la sua abilità e continuità di atleta” ma facendogli notare che a loro occorrerebbe lavorare 72.000 anni “per ottenere quanto lei guadagna dal suo contratto [con la Nike]”.

Lo scrittore sportivo americano Dave Zirin è stato uno dei pochi a rompere il silenzio dei media sulla manipolazione e sulla corruzione che le grandi corporazioni hanno negli sport. Il suo nuovo libro “Cattive Compagnie: come i proprietari stanno rovinando i giochi che amiamo” (Scribner) evidenzia come il potere del denaro abbia influenzato il piacere della gente, i suoi eroi come Woods e le comunità che una volta serviva. Zirin descrive come la comproprietà del texano Tom Hicks abbia influenzato il Liverpool Football Club, che fa seguito al “rilevamento” del Manchester United che un altro ricco e annoiato americano, Malcolm Glazer, fece nel 2005. Adesso il club inglese di maggior successo (assieme al Liverpool) ha un debito di 716.5 milioni di sterline.

Da quanto tempo stanno andando avanti così le cose? Nel 1983 potevi comprarti un biglietto per una partita di prima divisione per 75 pence. Oggi, il prezzo medio all’Old Trafford è di circa 34 sterline. Guardate come le ultime generazioni di genitori si mettono in coda imbronciati per comprare le insegne e divise, spesso confezionate col sudore da lavoratori sottopagati, e con il marchio di una multinazionale fallita stampigliato sopra. L’affarismo è diventato una presenza rovente negli sport di alto livello. Sven-Goran Eriksson intascherà fino a due milioni di sterline per soli tre mesi di lavoro in Costa d’Avorio, dove la metà della popolazione ha appena di che sopravvivere. I migliori, ma anche più rozzi, giocatori di cricket australiani stanno raccogliendo il loro gruzzoletto per pochi mesi di esibizione nel franchising indiano. L’atteggiamento è quello del diritto, del tipo ostentato da “celebrità” minori. Nessuno si è meravigliato che nella stagione 2007-2008 alcuni degli eredi degli Invincibili di Don Bradman [storica squadra di cricket australiana del 1948, n.d.t.] sono riusciti ad ottenere qualcosa di quasi impossibile, cioè di diventare antipatici nel loro stesso paese. Quei loro “batti cinque” e pugni nell’aria sono diventati gesti non di chi “lavora l’un per l’altro, perché tutti abbiano una parte della ricompensa” (Bill Shankly [leggendario allenatore del Liverpool dal 1959 al 1974, n.d.t.]), ma di saluti ai loro voraci sponsor e a beneficio di telecamera.

Prendiamo ad esempio la FIFA, che di fatto tiene saldamente in mano le redini dei Mondiali di calcio in Sud Africa. Insieme al Comitato Olimpico Internazionale, la FIFA è l’equivalente sportivo di Wall Street e del Pentagono messi insieme. Hanno tale potere perché i politici che ospitano i giochi credono al “prestigio internazionale” e ai benefici economici che la loro presenza porterà, specialmente a loro stessi. Mi ha ricordato proprio questo il documentario “Fahrenheit 2010” del regista sudafricano Craig Tanner. Il suo non è un film contro i Mondiali, ma svela come i sudafricani, che amano il calcio, sono messi in disparte, spodestati e resi ancor più poveri per permettere che si eregga una gigantesca facciata televisiva nel loro paese.

Un nuovo stadio vicino a Nelspruit ospiterà quattro partite del Mondiale in 10 giorni. Jimmy Mohlala, portavoce della comunità locale, è stato ammazzato il gennaio dello scorso anno per aver fatto presente “irregolarità” negli appalti. Perché d’intralcio, un’intera scuola è stata ricollocata in soffocanti prefabbricati di acciaio in un sito desolato con una strada che ci passa in mezzo. “Quando i Mondiali saranno terminati” ha dichiarato lo scrittore Ashwin Desai, “diventerà ovvio che questi stadi non saranno che gusci vuoti, che i nostri soldi sono stati usati per ciò che non è altro che uno schema piramidale”.

Una comunità di 20.000 persone, la Joe Slovo Informal Settlement, è minacciata di sfratto dal luogo in cui abita, che è vicino all’autostrada principale che collega Capetown all’aeroporto. Sono considerati “un pugno in un occhio”. I venditori ambulanti saranno arrestati se non si conformeranno ai regolamenti commerciali e pubblicitari della FIFA e se solo nomineranno i “Mondiali di Calcio” o addirittura “2010”. La FIFA guadagnerà circa 2 miliardi e mezzo di sterline dai diritti televisivi, che supereranno quelli dei due ultimi Mondiali messi insieme.

Incredibilmente, il Sud Africa non trarrà alcun beneficio da tutto ciò. E questo è un paese con circa il 40 per cento di disoccupazione, un’aspettativa di vita dei maschi di 49 anni e di migliaia di bambini malnutriti. Questa verità circa la “nazione arcobaleno” non è quel che i tifosi di tutto il mondo vedranno sui loro schermi televisivi, forse potranno intravedere una verità non divulgata di un moderno Sud Africa, che è quella di un’intensa, grande resistenza che collega i Mondiali di Calcio ad un apartheid economico che rimane più divisorio che mai.

Nel capitolo dedicato al Liverpool Football Club, Dave Zirin descrive una resistenza simile, anch’essa ispiratrice di coloro che lottano per riprendersi il loro sport dagli squali. Un’organizzazione di tifosi, Share Liverpool FC, aspira ad attirare 100.000 azionisti per ricomprarsi il club da Tom Hicks e dal suo comproprietario, George Gillett. Tifosi del Liverpool hanno anche fondato il Liverpool SupportersUnion (LSU), un sindacato che ha già portato in strada migliaia di persone con la richiesta di boicottare la Bank of Scotland se continua a prestare soldi a Hicks e Gillett. Ricordiamoci come riuscì il boicottaggio del giornale di Murdoch quando il quotidiano The Sun pubblicò bugie riguardo alla tragedia di Hillsborough. “Se ci uniamo e parliamo con una sola voce, a prescindere da lingua o accento”, dice il LSU, “possiamo fare un’autentica differenza per il nostro club, la città di Liverpool e per il resto del mondo del calcio”.

Il 17 aprile Hicks e Gillett hanno comunicato la loro intenzione di vendere il club. I tifosi del Manchester-United stanno mettendo in atto una simile resistenza a difesa dello sport che amano e che credono debba essere giustamente loro. Noi dovremmo sostenerli.

John Pilger
Fonte: www.johnpilger.com
Link: http://www.johnpilger.com/page.asp?partid=572
22.04.2010

Tradotto per www.comedonchisciotte.org a cura di GIANNI ELLENA

lunedì 26 aprile 2010

Haarp, scie chimiche e controllo climatici

– Haarp, scie chimiche e controllo climatici

Il controllo climatico non solo è possibile e già sperimentato, ma può anche essere usato come arma militare. Il primo esperimento sulla modificazione del clima risale al 1946. In quell'occasione un aereo volò all'interno di una nube spargendo ghiaccio secco: dopo pochi minuti piovve. Qualche anno dopo si ottenne lo stesso risultato utilizzando lo ioduro d'argento. Tecnica messa poi a punto da Israele e largamente utilizzata a partire dagli anni '60. Negli Usa, invece, diverse aziende sono specializzate nel controllo degli uragani irrorando al loro interno, attraverso razzi o aerei, sostanze chimiche igroscopiche al fine di assorbire l'acqua e quindi di diminuire la violenza degli uragani. In Cina si combatte la siccità investendo circa 40 milioni di dollari l'anno in tecniche di manipolazione climatica. Pechino ha già annunciato che le Olimpiadi 2008 avverranno sotto il sole. In Russia vengono utilizzate da anni tecniche antinebbia a base di azoto liquido e dal 1995 Mosca ricorre all'inseminazione delle nubi onde evitare la pioggia durante le cerimonie importanti. L'inseminazione consiste nell'irrorare nelle nubi sostanze chimiche a base di azoto liquido attraverso aerei appositamente modificati.

Questo avviene da decenni e i media italiani fingono di accorgersene soltanto oggi[1]. Secondo l'Organizzazione Meteorologica Mondiale, nel 2000 sono stati circa 26 nazioni a condurre esperimenti di alterazione climatica. Tra questi è presente anche l'Italia col ''Progetto pioggia'' della Tecnagro[2]. Modificare localmente il clima è quindi possibile con tecniche già collaudate e consolidate da molti anni.

Esistono centinaia di brevetti riguardanti il controllo climatico. Alcuni di essi si possono facilmente trovare attraverso una ricerca su Google Patents[3] oppure direttamente dal sito ufficiale US Patent[4]. In alcuni di questi brevetti si parla esplicitamente di irrorazione di sostanze chimiche nell'atmosfera citando, tra gli altri, bario e alluminio.

A questo punto ci chiediamo: è possibile modificare il clima per scopi militari? La risposta è affermativa dal momento che questo fu possibile già durante la guerra del Vietnam. Da quaranta anni fa ad oggi, la tecnologia si è notevolmente evoluta e con essa anche le tecniche di controllo climatico per scopi bellici. Tecniche di manipolazione e controllo climatico che usufruiscono di sostanze chimiche sparse nell'aria mediante aerei cisterna militari. Le stesse sostanze chimiche che servono al sistema H.A.A.R.P. per potenziare le proprie funzionalità.

Sia il Parlamento europeo che quello russo hanno denunciato preoccupazione nei confronti del sistema H.A.A.R.P., definendolo un'arma militare molto pericolosa.

"Gli USA hanno intenzione di effettuare esperimenti scientifici su larga scala tramite il programma HAARP, e non controllati dalla comunità globale, dichiararono i deputati".
(Interfax News Agency, original Russian, BBC Monitoring, 8 agosto 2002,)

Il sistema H.A.A.R.P. è volto a modificare il clima terrestre, andando a manipolare addirittura lo spettro elettromagnetico con l'uso di onde ELF (Estreme Low Frequencies). A pagina 19 del brevetto che sta alla base del progetto H.A.A.R.P., "Metodo e strumento per alterare un'area nell'atmosfera, ionosfera e/o magnetosfera", si legge:

"Si suggerisce anche di rilasciare larghe nuvole di bario nella magnetosfera così che la foto ionizzazione aumenterà la densità del plasma freddo, in tal modo da produrre una precipitazione di elettroni attraverso un'accresciuta interazione whistler-mode."

Secondo questo brevetto, quindi, il plasma aumenta di densità se entra in contatto col bario. Come possono essere create delle nuvole artificiali di bario nella magnetosfera? Il metodo più semplice pare sia attraverso l'utilizzo di appositi aerei. (Immagine tratta dalla home page del sito ufficiale di H.A.A.R.P. )

Lo si legge anche nel brevetto Welsbach, il quale spiega come spargere nell'atmosfera sostanze chimiche quali torio e alluminio utilizzando proprio degli aerei, al fine di riflettere le radiazioni del sole.

Un articolo della Pravda Italia del 27 novembre 2006[5] recita:

"Sappiamo che i militari statunitensi stanno diffondendo in atmosfera, da anni, per mezzo di velivoli appositi, differenti composti di bario. L'università dell'Alaska ha diffuso il bario nello spazio per studiare le linee del campo magnetico della terra. I militari hanno usato i sali di bario nei cieli di territori nemici, come Libia, Panama, Afghanistan ed Iraq, al fine di cagionare malesseri nella popolazione. Un rapporto recente della base dell'aeronautica di Wright-Patterson conferma che l'aviazione militare sta spruzzando il titanato di bario attraverso tutti gli Stati Uniti ed in Europa per facilitare gli studi avanzati sulle trasmissioni radar (vedi H.A.A.R.P.)."

Sostanze come il bario e l'alluminio, quindi, se sparse in grandi quantità e in modo sistematico nell'atmosfera, sono in grado di facilitare le trasmissioni elettromagnetiche di H.A.A.R.P. ottenendo grandi vantaggi sia per quanto riguarda le comunicazioni sia per quanto riguarda il controllo climatico. Quest'ultimo aspetto è proprio l'obiettivo proposto dall'US Air Force nel documento "Un moltiplicatore di forza: possedere il clima entro il 2025".

"L'aviazione statunitense "riuscirà a controllare il clima" grazie agli investimenti sulle nuove tecnologie e al tentativo di focalizzarne lo sviluppo perché siano usate in azioni di guerra ... La modificazione climatica offre a chi combatte numerose opzioni per sconfiggere l'avversario o imporsi ad esso... dall'aumentare le azioni non ostili a disturbare quelle del nemico modificando lievemente i fenomeni meteorologici per portare a termine il dominio delle comunicazioni globali e il controllo dello spazio. Negli Stati Uniti la modificazione climatica sarà integrata nella politica per la sicurezza nazionale e applicata a livello nazionale e internazionale. Il nostro governo perseguirà questa politica, secondo i propri interessi, a vari livelli." [6]

"La manipolazione climatica diverrà parte della sicurezza interna e internazionale e sarà sfruttata in maniera unilaterale. Sarà usata a scopi difensivi e offensivi e anche come deterrente. La capacità di generare precipitazioni, nebbia e temporali e di modificare il clima e di creare un clima artificiale, fanno parte di quelle tecnologie integrate che possono far aumentare la capacità statunitense, o diminuire quella degli avversari, di ottenere conoscenza, ricchezza e potere globale." [7]

E' quindi realistica l'ipotesi che l'aviazione americana sia in grado di manipolare il clima sia a scopo sperimentale sia a scopi militari e segreti. Attraverso H.A.A.R.P. e sostanze chimiche irrorate nell'aria potrebbe addirittura provocare inondazioni, uragani, siccità e terremoti. Non a caso, negli ultimi anni il Dipartimento della Difesa ha destinato elevate somme di denaro allo sviluppo e al perfezionamento di queste tecnologie.

Già nel 1976 l'Enciclopedia Militare Sovietica espose il rischio che gli Stati Uniti, per via elettromagnetica o per via astronautica, potessero modificare il clima dell'Eurasia lacerando lo strato di ozono sopra l'URSS. L'Unione Sovietica si accordò poi con gli USA affinché fosse proibito l'uso dei cambiamenti climatici ambientali.

Il 5 febbraio 1998 la sottocommissione "Sicurezza e disarmo" del Parlamento europeo chiede che "un organismo indipendente" valuti "l'impatto sull'ambiente e l'ecologia di HAARP". Gli USA non partecipano e non inviano alcun loro delegato. La risposta è stata: la commissione non è competente a porre il problema: segreto militare.

Nella relazione sull'ambiente depositata il 14 gennaio 1999 sulla sicurezza e la politica estera della commissione per gli affari esteri, il Parlamento Europeo si dimostra preoccupato per l'utilizzo delle risorse militari (in particolare del sistema HAARP) che arrecano danni irreparabili all'ambiente. In questo documento, il sistema H.A.A.R.P. viene descritto come:

"La commissione per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori: considera il SISTEMA MILITARE USA di manipolazione ionosferica, H.A.A.R.P., con base in Alaska - che è solo una parte dello sviluppo e dell'impiego di armi elettromagnetiche ai fini della sicurezza sia interna che esterna - un esempio della più grave minaccia militare emergente per l'ambiente globale e la salute umana, dato che esso cerca di manipolare a scopi militari la sezione della biosfera altamente sensibile ed energetica, mentre tutte le sue conseguenze non sono chiare."

Nel 2002, il Parlamento Russo, la Duma, rilascia un documento firmato da 188 deputati nel quale si sostiene che l'esercito statunitense aveva programmato di collaudare le tecniche per intervenire sul clima nel sito in Alaska e in altri due siti:

"I membri delle commissioni riportarono che gli USA avevano deciso di collaudare tre siti del genere. Uno di questi si trova nel territorio adibito ai test militari in Alaska e i test completi avrebbero dovuto cominciare agli inizi del 2003. Il secondo e il terzo si trovano in Groenlandia e in Norvegia."

"Quando questi siti, in Alaska, Groenlandia e Norvegia, diverranno operativi, si creerà una linea chiusa con un potenziale fortissimo in grado di influenzare i mezzi vicini alla terra."

"[H.A.A.R.P. è, ndr] un esperimento su vasta scala, e al di fuori di ogni controllo internazionale, per guastare gli apparecchi di comunicazione installati su mezzi e missili spaziali: un'arma capace di provocare gravi interruzioni sulle reti elettriche, sugli apparecchi di pompaggio degli oleodotti e di provocare danni alla salute mentale di popolazioni di intere regioni."

"Sotto il programma HAARP, gli Stati Uniti stanno creando nuove armi geofisiche integrali, che possono influenzare gli elementi naturali con onde radio ad alta frequenza. Il significato di questo salto è comparabile al passaggio dall'arma bianca alle armi da fuoco, o dalle armi convenzionali a quelle nucleari."

fonte: www.sciechimiche.org

Note:
[1] video del TG1
[2] "Progetto Pioggia" (Tecnagro) in Italia
[3] Google Patents
[4] U.S. Patent
[5] Articolo Pravda Italia del 27 novembre 2006
[6] Air University of the US Air Force, AF 2025 Final Report
[7] University of the US Air Force, AF 2025 Final Report

Ecco le leggi che hanno aiutato Berlusconi (fino al 23/11/2009)

Ecco le leggi che hanno aiutato Berlusconi

Qui di seguito tutte le leggi approvate dal 2001 ad oggi dai governi di centrodestra che hanno prodotto benefici effetti per Berlusconi e le sue società.

1 Legge n. 367/2001. Rogatorie internazionali. Limita l'utilizzabilità delle prove acquisite attraverso una rogatoria. La nuova disciplina ha lo scopo di coprire i movimenti illeciti sui conti svizzeri effettuati da Cesare Previti e Renato Squillante, al centro del processo "Sme-Ariosto 1" (corruzione in atti giudiziari).

2 Legge n. 383/2001 (cosiddetta "Tremonti bis"). Abolizione dell'imposta su successioni e donazioni per grandi patrimoni. (Il governo dell'Ulivo l'aveva abolita per patrimoni fino a 350 milioni di lire).

3 Legge n.61/2001 (Riforma del diritto societario). Depenalizzazione del falso in bilancio. La nuova disciplina del falso in bilancio consente a Berlusconi di essere assolto perché "il fatto non è più previsto dalla legge come reato" nei processi "All Iberian 2" e "Sme-Ariosto2".

4 Legge 248/2002 (cosiddetta "legge Cirami sul legittimo sospetto"). Introduce il "legittimo sospetto" sull'imparzialità del giudice, quale causa di ricusazione e trasferimento del processo ("In ogni stato e grado del processo di merito, quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo ovvero la sicurezza o l'incolumità pubblica, o determinano motivi di legittimo sospetto, la Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la Corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell'imputato, rimette il processo ad altro giudice"). La norma è sistematicamente invocata dagli avvocati di Berlusconi e Previti nei processi che li vedono imputati.

5 Decreto legge n. 282/2002 (cosiddetto "decreto salva-calcio"). Introduce una norma che consente alle società sportive (tra cui il Milan) di diluire le svalutazioni dei giocatori sui bilanci in un arco di dieci anni, con importanti benefici economici in termini fiscali.

6 Legge n. 289/2002 (Legge finanziaria 2003). Condono fiscale. A beneficiare del condono "tombale" anche le imprese del gruppo Mediaset.

7 Legge n.140/2003 (cosiddetto "Lodo Schifani"). E' il primo tentativo per rendere immune Silvio Berlusconi. Introduce ildivieto di sottomissione a processi delle cinque più altre cariche dello Stato (presidenti della Repubblica, della Corte Costituzionale, del Senato, della Camera, del Consiglio). La legge è dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Consulta n. 13 del 2004.

8 Decreto-legge n.352/2003 (cosiddetto "Decreto-salva Rete 4"). Introduce una norma ad hoc per consentire a rete 4 di continuare a trasmettere in analogico.

9 Legge n.350/2003 (Finanziaria 2004). Legge 311/2004 (Finanziaria 2005). Nelle norme sul digitale terrestre, è introdotto un incentivo statale all'acquisto di decoder. A beneficiare in forma prevalente dell'incentivo è la società Solari. com, il principale distributore in Italia dei decoder digitali Amstrad del tipo "Mhp". La società controllata al 51 per cento da Paolo e Alessia Berlusconi.

10 Legge 112/2004 (cosiddetta "Legge Gasparri"). Riordino del sistema radiotelevisivo e delle comunicazioni. Introduce il Sistema integrato delle comunicazioni. Scriverà il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi: "Il sistema integrato delle comunicazioni (Sic) - assunto dalla legge in esame come base di riferimento per il calcolo dei ricavi dei singoli operatori di comunicazione - potrebbe consentire, a causa della sua dimensione, a chi ne detenga il 20% di disporre di strumenti di comunicazione in misura tale da dar luogo alla formazione di posizioni dominanti".

11 Legge n.308/2004. Estensione del condono edilizio alle aree protette. Nella scia del condono edilizio introdotto dal decreto legge n. 269/2003, la nuova disciplina ammette le zone protette tra le aree condonabili. E quindi anche alle aree di Villa Certosa di proprietà della famiglia Berlusconi.

12 Legge n. 251/2005 (cosiddetta "ex Cirielli"). Introduce una riduzione dei termini di prescrizione. La norma consente l'estinzione per prescrizione dei reati di corruzione in atti giudiziari e falso in bilancio nei processi "Lodo Mondadori", "Lentini", "Diritti tv Mediaset".

13 Decreto legislativo n. 252 del 2005 (Testo unico della previdenza complementare). Nella scia della riforma della previdenza complementare, si inseriscono norme che favoriscono fiscalmente la previdenza integrativa individuale, a beneficio anche della società assicurative di proprietà della famiglia Berlusconi.

14 Legge 46/2006 (cosiddetta "legge Pecorella"). Introduce l'inappellabilità da parte del pubblico ministero per le sole sentenze di proscioglimento. La Corte Costituzionale la dichiara parzialmente incostituzionale con la sentenza n. 26 del 2007.

15 Legge n.124/2008 (cosiddetto "lodo Alfano"). Ripropone i contenuti del 2lodo Schifani". Sospende il processo penale per le alte cariche dello Stato. La nuova disciplina è emenata poco prima delle ultime udienze del processo per corruzione dell'avvocato inglese Davis Mills (testimone corrotto), in cui Berlusconi (corruttore) è coimputato. Mills sarà condannato in primo grado e in appello a quattro anni e sei mesi di carcere. La Consulta, sentenza n. 262 del 2009, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge per violazione degli articoli 3 e 138 della Costituzione.

16 Decreto legge n. 185/2008. Aumentata dal 10 al 20 per cento l'IVA sulla pay tv "Sky Italia", il principale competitore privato del gruppo Mediaset.

17 Aumento dal 10 al 20 per cento della quota di azione proprie che ogni società può acquistare e detenere in portafoglio. La disposizione è stata immediatamente utilizzata dalla Fininvest per aumentare il controllo su Mediaset.

18 Disegno di legge sul "processo breve". Per l'imputato incensurato, il processo non può durare più di sei anni (due anni per grado e due anni per il giudizio di legittimità). Una norma transitoria applica le nuove norme anche i processi di primo grado in corso. Berlusconi ne beneficerebbe nei processi per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato David Mills e per reati societari nella compravendita di diritti tv Mediaset.

fonte: www.repubblica.it
(23 novembre 2009)

Liberati da noi stessi di Massimo Mazzucco (www.luogocomune.net)

In questa scena, tratta da “Una Giornata Particolare”, Ettore Scola descrive quello che accadde in un qualunque caseggiato della capitale, nel giorno in cui Hitler venne a Roma per sfilare accanto a Mussolini:


Liberati da noi stessi

Nel suo discorso di celebrazione del 25 aprile, il presidente Napolitano ha detto che: “Il 25 aprile è non solo la festa della liberazione, è la festa della riunificazione dell’Italia. Dopo essere stata tagliata per 20 mesi in due, l’Italia si riunifica, nella libertà e nell’indipendenza. Se ciò non fosse accaduto, la nostra nazione sarebbe scomparsa dalla scena della storia, e se oggi siamo un paese democratico profondamente trasformato, fra i più avanzati in quell’Europa integrata che abbiamo concorso a fondare, è perché superammo i traumi del fascismo e delle guerra, recuperando libertà e indipendenza, ritrovando la nostra unità”.

Diciamo che non c’è un solo concetto, fra quelli espressi da Napolitano, che non possa essere legittimamente contestato.

Prima di tutto è l’idea stessa di “liberazione” che andrebbe ridiscussa alla radice, ...

... nel momento in cui la Germania non fu affatto un paese invasore, ma un paese che l’Italia aveva liberamente scelto come alleato nella seconda guerra mondiale. Solo quando si resero conto che l’Italia si apprestava a passare dalla parte degli alleati, i tedeschi – che già si trovavano sul nostro territorio – si ritrovarono ad essere trattati da nemici, e crearono le premesse per quei famosi “20 mesi” che figurano sicuramente fra i più tragici della storia del nostro paese. Ma l’alleato lo scegliemmo noi, e non risulta che sia d’abitudine, nel resto del mondo, cambiare casacca durante il corso della partita.

Un discorso simile andrebbe fatto per il fascismo, che nessuno ci ha mai imposto con la forza, ma che l’Italia ha salutato con grande entusiasmo al momento del suo insorgere, ed ha poi appoggiato, con la maggioranza dei consensi, fino al momento della caduta di Mussolini.

Parlare quindi di “libertà“ e “indipendenza”, quando nessuno ci ha mai imposto né il governo né l’alleato, è decisamente errato e fuorviante.

Vi sono invece due realtà storiche, una rispetto al fascismo e l’altra rispetto al nazismo, che andrebbero finalmente accettate una volta per tutte, invece di venire sistematicamente cacciate sotto il tappeto, come se fossero sporcizia di cui nessuno vuole mai occuparsi.

Rispetto al fascismo, è purtroppo nota la nostra incapacità di auto-determinare il nostro futuro. L’Italia è un paese che ha sempre avuto bisogno di un padrone, che ne ha sempre avuto uno (o più di uno), e che molto probabilmente, a questo punto, ne avrà uno per sempre.

Che si chiami “fascismo” oppure “democrazia” fa poca differenza: prima della guerra eravamo tutti asserviti ad un nazional-socialismo oppressivo, onnipresente e prevaricatore, così come dopo la guerra siamo rimasti asserviti alla finta libertà a stelle e strisce, nella quale siamo obbligati a mandare soldati ogni volta che Zio Sam lo richiede, mentre non possiamo nemmeno permetterci il lusso di criticare gli americani senza venire definiti “antipatrioti” e “nemici della libertà”. In compenso, quando andiamo a votare troviamo solo candidati graditi agli americani o alla Santa Sede. I veri “oppositori” sono ormai scomparsi da 40 anni, e chi rischiava di dare alla loro voce un peso reale è finito assassinato.

Per quel che riguarda il nazismo invece, è ormai evidente che la vigorosa rinascita della Germania di Hitler dalle ceneri di Versailles sia stata voluta e finanziata dagli stessi poteri occidentali - Vaticano compreso - che speravano di creare in lui uno strumento per mettere fine all’avanzata di Stalin e del comunismo da oriente. Non a caso Inghilterra e Francia tardarono all’infinito prima di reagire contro Hitler, restando a lungo ad osservarlo, silenziose e trepidanti, mentre conquistava intere nazioni e avanzava in direzione di Mosca. Solo quando capirono che non ce l’avrebbe fatta si resero conto di dover distruggere il mostro che loro stessi avevano creato, e che nel frattempo aveva rivoltato i suoi carri armati anche contro di loro.

In tutto questo l’Italia ci fece una delle figure più vergognose dell’intera storia dell’umanità, riuscendo a diventare l’unica nazione al mondo che inizia una guerra su un fronte e la finisce su quello opposto.

Se quindi scegliere liberamente un leader significa “lottare per liberarsi dal suo giogo”, allora ha ragione Napolitano. Se tradire l’alleato e passare dalla parte del vincitore significa “essere liberati”, allora ha ragione Napolitano.

Altrimenti hanno ragione tutti coloro che preferiscono usare il pensiero critico al posto della vuota retorica, per i quali la storia è stata una cosa ben diversa da quella che viene celebrata oggi.

Massimo Mazzucco
Fonte: www.luogocomune.net

IL PANCIAFICHISMO FRA ETICA ED ESTETICA di Carlo Bertani

carlobertani.blogspot.com/

“Il compito attuale dell'arte è di introdurre il caos nell'ordine.”
“La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta.”
Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno


A volte, si deve meditare sui sostantivi e sugli aggettivi, senza temere di perder troppo tempo. E’ il caso di un articolo comparso su Comedonchisciotte qualche tempo fa – Ma che bella provincia! – a firma di Pasquino Potenza. Pseudonimo o vero nome? Nel secondo caso, quasi un sotterraneo ossimoro, giacché i Pasquini furono sempre le voci dei deboli.
Il termine “panciafichista”, riportato da Pasquino Potenza e che non ascoltavo da tempo, ha subito associato nella mia mente un breve pensiero del defunto Gianni Baget Bozzo, il quale – alla fondazione del Popolo della Libertà – pontificava:

“Il Popolo della Libertà sarà un partito nazional-popolare. Il movimento di Berlusconi è nato con un appello rivolto al popolo. Ma il popolo non colto. La sinistra ha il monopolio della cultura in Italia e il premier ha in mano il popolo povero contro quello grasso.”
Già, il popolo “povero”. Questa sì che è una vera elucubrazione da sacrestia, ma la concediamo, visti gli orizzonti del “profeta” che l’ha espressa. Quel “povero” – per Baget Bozzo – non è da intendere in senso economico – e chi è più ricco degli evasori fiscali che santificano san Silvio? – bensì culturale. D’altro canto, Baget Bozzo precisava: “non colto”.
Potremmo considerare in questa analisi anche l’attuale scontro interno al PdL – non dimentichiamo che il creatore del neologismo fu Mussolini, ma il termine fu coniato, all’epoca, come spregiativo d’inconcludente pacifismo – ma sarebbe limitativo, poiché il linguaggio è per sua essenza intrinseca in divenire: giammai indica – con lo stesso termine – la medesima situazione od emozione, visto che ogni tempo colora con diversi accenti il substrato che i termini stessi tentano d’interpretare. Un rapporto dialettico nel quale è piacevole sguazzare senza, però, correre il rischio di perdersi: potremmo concludere, “un sensato pudding di parole”.
Inoltre – per la pochezza della singolar tenzone, tutta interna ad un sistema politico marcescente – ci sembrerebbe d’usare la teoria dell’analisi infinitesimale per misurare le aree sottese delle Uova di Pasqua: de minimis non curat praetor.

In realtà, l’impeto panciafichista italiano è iniziato ancor prima di Berlusconi – almeno del Berlusconi politico – e nulla o poco ha avuto a che fare con il pacifismo. Una re-interpretazione del termine mussoliniano potrebbe, oggi, partire dalla scissione dei termini che compongono il (quasi) neologismo, ossia pancia e fica, al posto degli originali pancia e fichi.
L’albero di fichi era, almeno fino alla metà del Novecento, considerato gran fonte di piacere, giacché pochi frutti nostrani generano una tale attrazione per la gola: in principio furono pane e fichi poi, col progredire del reddito, fichi e prosciutto.
Oggi, nessuno più stempera la propria esistenza cullandosi nel nirvana della scorpacciata di fichi – alla quale sacrificare onore e morale – mentre sul femminino del gustoso frutto…beh…qui c’è trippa per gatti…

Ci siamo spesso chiesti quale valore sia sopra tutti nell’idilliaco nirvana italiota e, pur munendoci della lanterna di Diogene, soltanto la scorpacciata pantagruelica (La Grande Abbuffata di Ferreri? Eravamo nel 1973…) sembra reggere, mentre il necessario contrappasso altro non può circostanziarsi che nell’adire, con solerzia e fissità d’intenti, alla tumida rosa.
L’overdose di pasta allo scoglio e di crostacei arrostiti sulle braci, oppure il maialetto arrosto impastato di Nero d’Avola richiede, necessariamente, l’apoteosi energetico/riproduttiva da consumarsi tra fresche coltri in un letto, solleticate dalla rovente brezza d’Agosto. E non c’è niente di male.
Sarebbe sin troppo facile stabilire delle consecutio temporali, nelle quali l’epicureismo sfrenato diverrebbe necessario prodromo per nottate da trascorrere, placati gli amorosi sensi, alla tastiera o con la tavolozza in mano. Ristabiliremmo, in qualche modo, un equilibro classicista, da cenacolo settecentesco: invece, così non è.
La commedia si trasforma in dramma quando interviene l’evirazione dell’effetto, ossia quando leggi non scritte e canoni mai ammessi – la morale cristiana qualcosa c’entra, ma non è il perno della metamorfosi – vengono repentinamente negate, rimosse, dimenticate. Evirate, appunto.

Analisi frettolose hanno spesso imputato all’Italia degli ultimi decenni uno sfrenato concedersi all’estetica: molti autori si sono cimentati nella critica allo scivolamento, al concedersi troppo alle sirene estetiche. Solo oggi – quando il processo è giunto ad estremi che ne portano alla luce le evidenze più tragicomiche – possiamo comprendere che d’estetismo s’è trattato, non d’estetica. Poiché l’estetica – pur navigando sulla sua rotta, senza curarsi d’altro – qualche “conto” con l’etica l’ha dovuto fare.
Non tiriamo in ballo il dibattito classico sui rapporti fra etica ed estetica, proprio poiché classici e dunque non appropriati a definire quadri nei quali è il processo stesso di definizione e tratteggio dei fenomeni ad essere carente: torneremmo agli integrali ed alle Uova di Pasqua.
Negheremo dunque scientemente quel rapporto – indagato niente di meno che da Kant (anche se, personalmente, preferiamo l’approccio dialettico illuminista) – poiché trascendente rispetto all’orizzonte del panciafichista. In altre parole, resteremo “bassi”, anche se non potremo adagiarci del tutto nell’alcova dei panciafichisti, maschi e femmine.

Dovremo anzitutto sgombrare l’assurda convinzione – spesso veicolata da pessimo femminismo – che esista un paritetico “panciafallismo”: non ci sentiamo di sostenere questa tesi.
A nostro avviso, è senz’altro più pratico – pur ammettendo, in via puramente teorica, che il ribaltamento speculare del termine sia possibile – considerare il panciafichismo moderno composto da una parte attiva e passiva. In altre parole – pur concedendo una naturale differenza fra colmatore e colmata – sul piano ideale il riferimento al fenomeno è lo stesso.
Di cosa si nutre il panciafichista?

Frettolosamente ri-definito come istinto animalesco – l’avvicinarsi all’albero delle “fiche” per placare l’appetito, questa volta esistenziale – il panciafichismo nega in sé proprio l’aspetto esistenziale: non ne è travolto né fiaccato e neppure corrotto (accoppiando, al termine, le “rotte maledette” dell’esistenzialismo, da Rimbaud a Kerouac). Semplicemente, lo rimuove.
Se, per il panciafichista “classico”, la fase istintuale poteva rappresentare una dedizione, quasi una soluzione esistenziale, per quello post, post, post…moderno, non rappresenta nemmeno più la negazione, bensì una sorta di fanciullesca ed inconsapevole atarassia, raggiunta e coltivata senza un contributo personale, completamente passiva.
La chiave di volta per ricomporre gli attributi del fenomeno passa necessariamente, per prima cosa, nel differire l’estetica dall’estetismo. Il quale ne è, ovviamente, soltanto la diafana ombra che conduce al famoso barattolo con “merda d’artista”.
Sarebbe però già eccessivo codificare nell’estetismo classico il mondo dell’arte che ci circonda, poiché anche il livello dell’arte auto-referenziale è drammaticamente basso. Madonna e Lady Gaga fanno ancora parte dell’estetismo, oppure scadono nel popolare edonismo?

Domandandoci quale fenomeno – fra quelli che ci circondano – sia più facilmente riferibile all’estetismo, ci salta agli occhi quello pubblicitario.
L’uomo medievale non osservava, nell’intera vita, più di un centinaio d’icone: quasi tutte a carattere sacro, e soltanto la nobiltà aveva “accesso” alla raffigurazione mondana, quasi sempre – però – incasellata nel Mito del classicismo.
La pubblicità cartacea, che fino alla metà del ‘900 resse il campo, era poca cosa se raffrontata con la potenza espressiva del nascente mezzo radiofonico e, soprattutto, con le migliaia di personalissime Gestalt della lettura.
Originariamente, il termine “pubblicità” significava “rendere pubblico” un evento, ed era quello che a grandi linee faceva l’ingenua pubblicità della TV in bianco e nero.
In quel panorama, s’inserì un messaggio pubblicitario popolare il quale, invece di differenziarsi dalla morale vigente e dal comunissimo tran tran della vita di tutti i giorni, lo sottolineava con esempi che “legavano” i nuovi consumi all’esistente. Ma, non si teneva in conto l’esigenza inestinguibile all’espansione dei consumi, l’unico vero obiettivo del post, post, post…moderno capitalismo.

Ecco, allora, con l’esaurirsi delle spinte propulsive nate dalla ricostruzione postbellica, ma anche dal crollo del sostanziale equilibrio fra l’incremento di produzione ed i consumi durato fino alla metà degli anni ‘70, che l’esigenza pubblicitaria deve, necessariamente, diventare violenta, poiché deve oltrepassare le naturali difese dello spettatore/consumatore ed obbligarlo a ritenere inconcepibile privarsi dell’oggetto.
La nuova esigenza, smaccatamente violenta, trova nell’estetica un limite verso il quale mostra insofferenza: per colpire e distruggere la soggettività critica. Il canone estetico diventa un gravoso fardello, e lo incenerisce.
Dovremmo, per chiarezza, soffermarci a soppesare con attenzione i tempi del processo: millenni con quasi nulli messaggi iconici, mezzo secolo di radio e giornali, qualche lustro di pacata intromissione pubblicitaria, tre decadi almeno di violento e forzoso scardinamento di tutti i canoni. A fronte, la mente umana che ha ben altri tempi d’adattamento.

Se confrontiamo la tendenza al risparmio fra i Paesi che sono giunti prima a questo scenario (le nazioni degli Angli, soprattutto), con quelli che hanno ritardato il processo di un paio di decadi, scopriremo che l’aumento della pressione pubblicitaria – non il reddito! non la produttività! non la produzione! – è colui che erode il risparmio.
Qui, s’inserisce un aggravio di follia tutto italiano: il gran reggente del processo mediatico/pubblicitario sgomita al punto di salire, ad uno ad uno, gli scalini del potere giungendo alla vetta, dove trova le chiavi dello scrigno delle meraviglie, quello che consente di regolare la velocità del processo!
Non vorrei che qualcuno, poco attento o frettoloso, confondesse questo concetto con il più comune conflitto d’interesse: di ben altro si tratta!

Osserviamo come, in pochi decenni, è avvenuta la completa distruzione della sfera erotica: la produzione pornografica ha appiattito ogni rappresentazione dell’eros ad un processo sempre uguale – tette, bocca, lato A, lato B, conclusioni – nel quale la soggettività dell’uomo e della donna, le loro identità, sono racchiuse e “corrette” all’interno di un copione. La povera Dita Von Teese viene confinata nell’universo del “burlesque”: forse perché si prende burla dello sciacquone erotico confezionato nei garage della periferia di Praga?
Le danzatrici indiane e del Sud-Est asiatico profondono oceani del più schietto erotismo, ma noi abbiamo smarrito il canone – ossia il nostro “apparato ricettore” – per goderne le grazie.
E il calcio?

L’ultimo interprete del grande canone estetico del calcio è stato Diego Armando Maradona: dotato per grazia divina di un estro incomprimibile, nella famosissima discesa e goal contro l’Inghilterra frantumò la prigione nella quale quel bellissimo gioco è oramai imprigionato. Fu un atto glorioso, ma irripetibile per chi non è stato spruzzato con il nettare degli Dei: il canone sportivo odierno prevede un atletismo esasperato, proprio per distruggere al primo mostrarsi quelle capacità divine.
Potremmo dilungarci, ma il senso è chiaro: distruggendo ogni canone estetico, la piatta uniformità che ne deriva consente ai più degenerati piazzisti di paccottiglia umana d’imperversare. Fu un caso che Chirac – uomo appartenente per tradizione alla destra europea – proibì l’etere francese alle TV commerciali del Biscione, definendo il loro padrone un “vendeur de soupe”?

Non si tratta, oramai, d’argomenti o d’espressione artistica, bensì di format e di linguaggio: nella polemica fra Antonio Ricci e Nicola Lagioia, chi scrive si schiera apertamente e senza nessun dubbio dalla parte di Nicola Lagioia. La tristezza, che la vicenda emana, deve tenere soprattutto in conto che Antonio Ricci è persona di grande intelligenza: l’importanza del linguaggio e della scenografia sa benissimo cosa significano, e quanto siano dirompenti per lo spettatore.
Giunti a questo punto, possiamo far rientrare in scena il nostro abulico panciafichista: è dunque colpevole?

Privato, da parte di un efficientissimo sistema di comunicazione, di tutti gli elementi atti a discernere l’oro dall’ottone – giacché l’assenza di canoni estetici non consente critica – naviga a vista premendo tasti del telecomando, ricevendo soltanto un rumore di fondo eterogeneo nei contenuti ma spietatamente omogeneo nella prassi e nei modelli esposti: tempi, linguaggio, musiche…il cosiddetto “format”.
Lentamente, anno dopo anno, quel ritmo lo ipnotizzerà come un malefico mantra: gli orientali se ne intendono più di noi sul potere della parola, del suono e della concentrazione visiva su un oggetto. Difatti, lo yantra è il corrispondente grafico del mantra.
Come può “smontare” un così perfido inganno?

Semplicemente, da solo, non è in grado di farlo: le generazioni “televisionizzate” sono, semplicemente, perdute. Non a caso, l’astensionismo consapevole è soprattutto appannaggio dei giovani, le persone sotto i 35 anni, la generazione di Internet: una timida speranza.
E torniamo all’assioma originario, ossia al rapporto fra etica ed estetica nel nostro panciafichista: potrebbe, dopo un simile bombardamento, leggere le mille interpretazioni dell’etica presenti nella storia della Filosofia? Così, en passant, da Socrate a Sartre? E’ disumano soltanto il proporlo.
Eppure, la cancellazione di ogni fondato canone estetico conduce ad accettare qualsiasi forma od azione soltanto per il piacere che genera: non si tratta soltanto della volgare pornografia, bensì di tutto ciò che attiene alla violenza in diretta.
Filmati su catastrofi e disastri, esecuzioni, violenze, bombardamenti, assassini…se solo sono in “presa diretta”, scatenano milioni di clic. Perché?

Poiché l’unico obiettivo è valicare un ulteriore limite, osservare l’inguardabile, il terrifico, in una corsa sfrenata nella quale la parvenza assume i contorni della conoscenza. L’estremo inganno.
Il piacere di trionfare e (forse) di sopravvivere – in qualche modo – ad altri diventa il solo faro da seguire, la sola nota da ascoltare. Non è forse, questo, la negazione dell’etica? Dov’è la riflessione oltre il clic? Nella maggior parte dei casi, non avviene e tutto termina quando si cambia sito o filmato: proprio con l’incedere “cingolato” del format.
In fin dei conti, questo modello sta bene a destra come a sinistra perché, in definitiva, è la magia che consente ricchezza ed onori: semmai, i distinguo sono personali, dovuti a crisi di coscienza individuali, a percorsi che nulla hanno a che vedere con la sfera della politica.
Lentamente, anche coloro che riteniamo i nostri aguzzini, vengono accalappiati ed ammaliati dal mondo che loro stessi creano: finiscono per credere veramente d’essere coloro che reggono i destini della polis.
Ma la polis, per essere retta, necessita di valori che segnino il limite…e si torna da capo.

Si potrà anche credere che esistano delle “cabine di regia”, burattinai organizzati, società segrete e via discorrendo…esisteranno per certo, ma sono soltanto ulteriori sovrastrutture di un sistema impazzito che è diventato talmente auto-referenziale da santificare se stesso: una sorta di “estetismo politico”.
L’uomo “unto del Signore”, il banchiere che fa “il lavoro di Dio” sono soltanto le comparse di una rappresentazione che non ha più regia: pianificato un sistema che crea denaro dal denaro stesso, non ci possono essere altre vie che sorvegliare la catena di montaggio, tanto è vero che le banche stanno riprendendo le medesime abitudini truffaldine che avevano prima dei subprime.
Qualcuno lo racconta, altri se ne lamentano, ma nessuno ha il potere di fermare l’ingranaggio di “Tempi moderni”: a ben vedere, Chaplin aveva già compreso tutto.

A margine, possiamo soltanto immaginare gli effetti che la nuova abitudine planetaria, l’incedere senza curarsi dei canoni, può e potrà produrre: schiere di visi anonimi dedite solamente alla percezione, personale ma senza strumenti critici, di qualcosa che possa soddisfare il proprio ego. Un apocalittico gioco a mosca cieca, nel quale ciascuno incede travolgendo il vicino: è il corrispettivo della “polverizzazione sociale” spesso rilevata, con i termini ed i canoni della sociologia, dagli istituti di ricerca.

Qualcuno immagina, con un po’ d’ottimismo, che la religione e la politica possano ancora compiere l’azzardo, la virata che potrà salvarci. La Chiesa Cattolica è oramai troppo secolarizzata e divisa al suo interno: un giorno tenta di mostrare i pericoli dell’assoluta mancanza di canoni, ma il giorno dopo fa carte false con gli omuncoli politici per salvare un principio del proprio canone, senza curarsi delle mutazioni sociali, delle diverse percezioni.
E attacca il relativismo come principale colpevole della decadenza: lo fa in modo strumentale, dimenticando che il relativismo è solo una prassi per indagare ed evolvere dei canoni, etici ed estetici, non per distruggerli.
Sulla politica, su questa politica, meglio il silenzio.

Perciò, ci possiamo soltanto dividere fra panciafichisti consapevoli ed inconsapevoli e – ironia della sorte – non sappiamo, sulla scena, a chi sia toccata la parte migliore.
Forse qualcuno, un panciafichista completamente inconsapevole, oppure un panciafichista più consapevole, una sera – quando premerà sul telecomando per spegnere l’apparecchio – fermerà il mondo.
Magari, il giorno dopo mescoleranno le carte e Dio – o chi per lui – taglierà il mazzo. Ma queste sono soltanto storie che potrebbero raccontare Kafka o il barone di Munchausen: gente che è vissuta protetta dai canoni, etici ed estetici.

da www.comedonchisciotte.org
Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2010/04/il-panciafichismo-fra-etica-ed-estetica.html
25.04.2010

domenica 25 aprile 2010

PeaceReporter - Chi non muore di fame muore di terrore

PeaceReporter - Chi non muore di fame muore di terrore

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New York, eroico senzatetto muore in strada fra l'indifferenza dei passanti

E' stato il New York Post a sbattere in faccia ai newyorchesi, una volta di più, l'orrore prodotto dall'indifferenza della metropoli. Il quotidiano ha pubblicato on line il video della morte di un eroico senzatetto che, ferito gravemente per salvare una donna da una aggressione, è morto nel suo sangue dopo avere agonizzato per oltre un'ora sul marciapiede, nel disinteresse di almeno 25 passanti.

Il nome che nella Grande Mela nessuno scorderà facilmente è quello di Hugo Alfredo Tale-Yax, 31 anni, ispanico: domenica era corso in aiuto di una donna aggredita all'alba nel quartiere di Jamaica, non lontano dall'aeroporto JFK. L'aggressore gli si era rivoltato contro e lo aveva pugnalato più volte al petto prima di darsi alla fuga. Anche la vittima dell'aggressione era fuggita.

Il New York Post ha ottenuto un filmato agghiacciante: mostra il corpo disteso sul marciapiede mentre accanto a lui passano frettolosi uomini e donne, a piedi o in bicicletta, con cane o senza. Qualcuno si ferma a guardare. Un uomo si avvicina da un palazzo di fronte e fa uno scatto con il cellulare. Un altro scuote più volte il ferito per le spalle, poi se ne va.

Passa più di un'ora prima che arrivino i pompieri e un'ambulanza chiamati da qualcuno che ha dato l'allarme. Troppo tardi per Hugo Tale-Yax, già morto. Anche stavolta l'indifferenza della metropoli ha costretto la città all'esame di coscienza: «È inaccettabile», ha detto una donna che vive in un palazzo vicino. Ma per Tale-Yax è stato troppo tardi.

Il caso ne evoca un altro, famosissimo negli anni Sessanta, avvenuto sempre a Queens: nel 1964 38 newyorchesi assistettero senza muover un dito all'assassinio di Kitty Genovese, una italoamericana di 28 anni, pugnalata a morte in strada in un quartiere dominato da Cosa Nostra. Il delitto divenne il simbolo dell'apatia di New York, dell'indifferenza dell'America urbana e dell'umanità in generale ed ebbe un tragico bis 25 anni più tardi proprio nella stessa zona: Sandra Zahler, 25 anni, violentata e picchiata a morte su una terrazza sotto gli occhi indifferenti dei vicini.
(Fonte Il Messaggero - 25/04/2010)

L'11 settembre di internet?

DI STEVE JONES
Infowars.net

Sono emerse delle rivelazioni stupefacenti in relazione ad alcuni attuali piani governativi che intendono mettere mano al funzionamento di internet per applicare restrizioni e controlli molto più estesi sul web.

Il professor Lawrence Lessig, un autorevole giurista della Stanford University, nel rivolgersi al pubblico che quest’anno presenziava alla conferenza Brainstorm Tech - organizzata da Fortune a Half Moon Bay, in California – ha dichiarato che «sta per accadere una specie di ‘11 settembre di internet’», un evento che catalizzerà una radicale modifica delle norme che regolano la Rete.
Lessig ha anche rivelato di aver appreso nel corso di un pranzo con l’ex “Zar” governativo del controterrorismo, Richard Clarke, che c’è già un 'cyber-equivalente' del Patriot Act, una sorta di ‘Patriot Act per la Rete’, mentre il Dipartimento della Giustizia è in attesa di un evento cyber-terroristico per poterne applicare le norme.
Durante una sessione di un gruppo di discussione, intitolata “2018: Vita sulla Rete”, Lessig ha dichiarato:
«Sta per accadere una specie di ‘11 settembre di internet’ (“an i-9/11 event” nell’originale, NdT). Il che non significa necessariamente un attacco di al-Qā‘ida, bensì un evento in cui l’instabilità o l’insicurezza di internet diventi manifesta durante un fatto doloso che poi ispira al governo una reazione. Dovete ricordarvi che dopo l’11 settembre il governo ha predisposto il Patriot Act in appena 20 giorni e lo ha fatto approvare».
«Il Patriot Act è bel mattone e ricordo qualcuno che chiedeva a un funzionario del Dipartimento della Giustizia come avessero fatto a scrivere un cosi vasto corpus giuridico in così poco tempo, e ovviamente la risposta fu che esso se ne era stato buono buono dentro i cassetti ministeriali per tutti gli ultimi 20 anni, in attesa di un evento che lo avrebbe fatto tirar fuori di lì.»
«Naturalmente il Patriot Act è pieno di ogni sorta di follia su come i diritti civili vengono protetti, o non protetti in questo caso. Perciò mentre pranzavo assieme a Richard Clarke gli ho chiesto se ci fosse un equivalente, se c’era per caso un ‘Patriot Act per la Rete’ dentro qualche cassetto, in attesa di un qualunque considerevole evento da usare come pretesto per cambiare radicalmente il modo in cui funziona internet. Disse: “Naturalmente sì”».

Lessig è il fondatore del Center for Internet and Society alla Stanford Law School. È membro fondatore di Creative Commons, fa parte del consiglio di amministrazione della Electronic Frontier Foundation nonché del Software Freedom Law Center.
È ancora più noto quale proponente di riduzioni nelle restrizioni legali nei confronti dei diritti d’autore, dei marchi e dello spettro delle frequenze radio, specie nelle applicazioni tecnologiche.

Questi non sono dunque i vaneggiamenti di un qualche smanettone paranoico.

Il Patriot Act, così come il meno conosciuto provvedimento denominato Domestic Security Enhancement Act 2003 (altrimenti noto come Patriot Act II), sono stati universalmente condannati dai difensori dei diritti civili e dai costituzionalisti collocati lungo tutto l’arco delle posizioni politiche. Queste leggi hanno sguarnito i diritti fondamentali e modellato quel che perfino i critici più moderati hanno definito come un “controllo dittatoriale” ceduto al presidente e al governo federale.

Molti credono che la legge fosse una risposta agli attentati dell’11/9, ma la realtà è che il Patriot Act è stato preparato ben prima dell’11/9 e se ne stava in sospeso, pronto per un evento che ne giustificasse l’applicazione.

Nei giorni successivi agli attentati, la legge fu approvata dalla Camera dei Rappresentanti con una maggioranza di 357 a 66. Al Senato fu approvata con 98 voti a favore e un solo voto contrario. Il parlamentare repubblicano texano Ron Paul dichiarò al «Washington Times» che a nessun membro del Congresso fu nemmeno consentito di leggere il provvedimento.
Ora scopriamo che quasi la stessa normativa restrittiva per le libertà è stata già preparata per il cyberspazio.

Un “11 settembre di internet”, così come descritto da Lawrence Lessig, offrirebbe il pretesto perfetto per applicare simili restrizioni in un solo colpo, nonché di offrire la giustificazione per emarginare ed eliminare specifici contenuti e informazioni presenti nel web.

Un tale evento potrebbe presentarsi nella forma di un grande attacco virale, un hacking dei sistemi di sicurezza o dei trasporti ovvero di altri sistemi vitali di una metropoli, o una combinazione di tutte queste cose. Considerando la quantità di domande senza risposta riguardanti l’11/9 e tutti gli indizi sul fatto che fosse un’operazione deviata sotto copertura, non è difficile immaginare un evento simile dispiegarsi nel cyberspazio.

Tuttavia, anche lasciando perdere qualsiasi “11 settembre di internet” o “Patriot Act per la Rete”, c’è già uno sforzo coordinato mirante a circoscrivere il raggio d’azione e l’influenza di internet.

Abbiamo instancabilmente lanciato l’allarme su questo movimento generale teso a restringere, censurare, controllare a alla fine bloccare del tutto internet così come oggi la conosciamo, uccidendo in quel modo le ultime vere vestigia della libertà di parola oggi nel mondo ed eliminando il più grande strumento di comunicazione e informazione mai concepito.
I nostri governi hanno pagine e pagine di norme compilate per mettere le ganasce all’attuale Rete. provvedimenti quali il PRO-IP Act del 2007 /H.R. 4279, inteso a creare uno ‘zar degli IP’ presso il Dipartimento della Giustizia, oppure l’Intellectual Property Enforcement Act of 2007/S. 522, mirante a creare un intera “rete di rafforzamento della proprietà intellettuale”. Non sono che due esempi.

Inoltre, abbiamo già visto in che modo i più grandi siti web privati e i social network si stiano concentrando e convergano per realizzare sistemi onnicomprensivi di identificazione, verifica e accesso che sono stati descritti dal fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, come «l’inizio di un movimento e l’inizio di un’industria.»

Alcune di queste grandi società tecnologiche hanno già unito gli sforzi su progetti quali la Information Card Foundation, che ha proposto la creazione di un sistema di carte d’identità per internet che saranno richieste per entrare in Rete. Naturalmente un tale sistema darebbe a chi lo gestisse la capacità di rintracciare e controllare l’attività degli utenti con molta più efficacia. Questo è solo un esempio.

Non basta. Come abbiamo già raccontato, i più grandi hub dei trasporti, come St. Pancras International, o anche le biblioteche, le grandi imprese, gli ospedali e altre grandi strutture aperte al pubblico che offrono internet wi-fi, stanno mettendo in lista nera i siti web di informazione alternativa rendendoli del tutto inaccessibili ai loro utenti.

Questi precedenti sono semplicemente il primo indicatore di quanto viene pianificato per internet nei prossimi 5-10 anni, con il web ‘tradizionale’ in via di divenire poco più che una vasta banca dati spionistica che cataloga ogni attività delle persone e le bombarda di pubblicità, mentre coloro che si conformano al controllo e alle regole centralizzate saranno liberi di godere del nuovo e velocissimo Internet 2.

Dobbiamo parlar chiaro riguardo a questa spinta irruente che mira ad applicare meccanismi di stretto controllo sul web, e farlo ADESSO prima che sia troppo tardi, prima che la spina dorsale di un internet libero si rompa e il suo corpo diventi in sostanza paralizzato senza rimedio.

Versione originale:

Steve Watson
Fonte: www.prisonplanet.com
Link: http://www.prisonplanet.com/law-professor-counter-terrorism-czar-told-me-there-is-going-to-be-an-i-911-and-an-i-patriot-act.html
5.08.08

Versione italiana:

Fonte: http://pino-cabras.blogspot.com
Link: http://pino-cabras.blogspot.com/2008/08/lallarme-dei-giuristi-il-bavaglio-su.html
7.08.08

Traduzione a cura di Pino Cabras

PeaceReporter - Acqua: di tutti, per sempre

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